giovedì 28 aprile 2011

C'è tutto un mondo....

Il ragazzo ventottenne che lavora lì da otto anni, a cui sono stato affiancato in questo mio personale ritorno al futuro in mansioni che all'epoca mi facevano cacare e che oggi se possibile ancora di più (ma la pagnotta bisogna portarla a casa, e allora anche il poco è abbastanza se non hai niente), sembra refrattario a ogni tipo di argomento che esuli dal controllo numerico su cui lavoriamo e che non riguardi motori figa o il telefonino (non necessariamente in questo ordine) dal quale manda continuamente messaggi verso una presumibile logorroica donzella all'esterno. E' simpatico, nonostante tutto.
Il capo officina ha la mia età, lavora dalle sei alle diciotto, cinque giorni a settimana e spesso anche al sabato mattina. Nel suo lavoro è in gamba, mi sembra di capire. Con lui ho avuto un interessante scambio di opinioni sulla situazione lavorativa e politica italiana, il cui riassunto sta nelle sue frasi "tanto in qualche modo te lo pigli in culo comunque" e nella sempre gettonata "alla fine son tutti uguali". Sembra un bravo tipo.
La ragazza slava moglie e madre da poco lavora lavora lavora, e non si stacca mai dalla macchina, e si accontenta dei mille euro al mese che porta a casa facendo tre turni nonostante sappia che il suo lavoro in altri posti è meglio pagato e che anche lì dove ci troviamo dovrebbe essere meglio pagato. Per ora le va bene così, dice: il figlio è piccolo e il lavoro è vicino casa. La capisco.
La donna dal nome siciliano si lamenta di continuo di un'altra donna che lavora lì, il cui nome ignoro, che ha come principali difetti, a suo dire, l'esser grassa oltre il dovuto e l'essere stronza in misura proporzionale. A sentire la sicula di seconda generazione pare che la donna grassa e stronza sia odiata da tutti in quel posto, per motivi che non sono stato troppo ad indagare, ma essendo l'unica, a quanto mi par di capire, che mal accetta la situazione lavorativa in cui si trova (operaia tre turni per quattro soldi al mese) ho come l'impressione che sia anche l'unica con un po' di sale in zucca, per quanto non conoscendola mi riservo ogni commento.
Poi c'è il ragazzo marocchino, magro come un fil di ferro, che anche lui pare stia un po' sull'anima a tanti, e anche lui mal accetta la situazione alla pari della donna grassa e stronza (dicono). Con lui ci ho parlato, e non mi sembra che abbia nulla fuori posto in quanto a ragionare e a far valere i propri diritti, per cui se tanto mi dà tanto ho proprio idea che nel resto della truppa operaia che riempie la baracca ci sia qualcosa che non proprio non va. Ma non li conosco tutti, non ci ho mai parlato, per cui meglio non dire nulla.
Pare strano, ma quando entri lì dentro il mondo di fuori sembra non esista più. In tre settimane che son lì non ho sentito nominare Berlusconi, Fukushima, la Libia etc una sola volta. Mai, nemmeno una volta. E sì che ne sono successe più in tre settimane che negli ultimi tre anni!
Il posto è a quaranta chilometri da casa. Con la benzina a un euro e mezzo, beh vedete voi, comunque è uno dei pochi posti dove pare assumano invece di licenziare. E' una boita, con macchinari nuovissimi che permettono di fare lavorazioni fichissime, ma pur sempre una cacchio di boita. Per chi non sapesse cos'è una boita, e navigando sull'internet venisse a scoprire che è "una piccola azienda, fabbrica o officina", non si lasci ingannare dalla descrizione che di per sé dice poco o comunque nulla di male, ma con uno sforzo di fantasia cerchi di andare indietro di trenta-quarant'anni e visualizzi una officina di quell'epoca, rimasta nelle infrastrutture tale e quale a quell'epoca, ma con l'aggiunta di sporcizia e decadenza pari al numero di anni in cui siete andati indietro, bagni spogliatoi e mensa compresa.
Tranne che per i dipendenti storici, come in tutte le boite c'è un giro di gente che fa spavento: prima di me negli ultimi mesi mi dicono che ne sono passati una quindicina. Quasi tutti ragazzotti, chi è rimasto una settimana, chi non ha superato i due giorni di prova. Il record degli ultimi arrivi pare sia stato un tizio che ha retto un mese e mezzo, poi ha trovato altro e se l'è filata. Non stento a crederci: le paghe sono al minimo sindacale, il lavoro è pesante, l'ambiente una merda.
Sì lo so, non ripetetemi cose che so da me: bisogna accontentarsi, in tempi di magra, etc etc. Le so da me tutte queste cose, difatti sono lì, in attesa d'altro sempre se arriva, ma posso aspettare. Ma come disse un mio collega operaio, una ventina di anni fa, a chi gli rimproverava i troppi lamenti: "Cambio orari ogni settimana perchè lo decidono altri, lavoro per quattro soldi al mese perché l'hanno deciso altri, mi spacco il culo otto ore al giorno perchè così vogliono altri. Almeno di lamentarmi potrò deciderlo io?"

lunedì 18 aprile 2011

Gente che viene, gente che va

Da un lato abbiamo migliaia di ragazzi che con i mezzi più disparati, barconi, treni, a piedi, viaggiano tra mille difficoltà alla ricerca di un futuro, ostacolati in ogni modo nel loro legittimo tentativo di costruirsi una vita migliore. Dall'altro due ragazzi cui la vita ha dato cose diverse viaggiano in scooter, anche loro per decidere se la vita che gli si sta prospettando (da avvocati) è proprio quella che vogliono. Diverse esigenze. Da un lato si scappa dal troppo poco, dall'altra si scappa dal troppo e basta. Così va il mondo.

giovedì 7 aprile 2011

Caldo centralizzato

No, io sono anche contento che a Torino ci sia una rete di teleriscaldamento che funziona benino, che la centrale è tanto caruccia da farci le foto di notte con tutti i suoi sbrilluccichini da lamiera lucida illuminata, che sicuramente contribuisce a ridurre il consumo energetico e l'inquinamento ambientale di una città tra le meno respirabili d'Italia e che dà tanto l'idea di comunità in una società sempre più slegata. Come pure sono contento del fatto che la primavera sia arrivata nella sua fase più avanzata già da giorni, all'improvviso, nonostante passare dal piumino alla t-shirt nel giro di un solo giorno capita solo d'inverno se vai ai caraibi e non è proprio il massimo per il mio metabolismo, che è sul meteoropatico andante e mal sopporta improvvisi sbalzi climatici. Sono contento insomma che un po' di calore e di luce siano finalmente arrivati dopo un inverno triste al solito, ma, proprio perchè calore e luce arrivano per vie naturali, non sarebbe il caso di smettere, e lo dico ai signori del teleriscaldamento, di pompare acqua calda come fossimo a gennaio col risultato che bisogna tenere le finestre spalancate per non schiattare di caldo? Che magari si finisce per risparmiare di più e inquinare di meno, grazie.

martedì 5 aprile 2011

Eri così carino

Me ne andavo a zonzo in tangenziale direzione nord verso quella roba megagalattica che arreda le case di tutti gli studenti e singles e coppie che vivono more uxorio e che fa robine carine carine solo perchè a buon mercato, e passava in radio un pezzo di tali Crystal Castles, canadesi di Toronto, mai coperti prima d'ora complice la mia prolungata assenza dalle frequenze radio e da qualunque circuito musicale, dunque quasi del tutto ignaro di ciò che esce, salvo scoprirlo con mesi di colpevole ritardo. Epperò la voce cantante mi sembrava stranamente familiare, tanto familiare che ho pensato a qualcuno che cantasse come il cantante dei The Cure, e mi era piaciuta la cosa, per quella soddisfazione stupida che ti prende quando a distanza di anni qualcosa ti riporta ai tuoi anni e li giustifica in qualche modo (perchè tuo malgrado ne hai fatto parte e fa piacere che qualche pazzo presumibilmente più giovane li apprezzi tanto da copiarli). Invece no. Era proprio di Robert Smith la voce che ho riconosciuto con soddisfazione a questo punto dimezzata, ma almeno l'orecchio e la memoria possono ancora ritenersi salvi. Poi tornando a casa mi piglia la fregola di andare sul tubo a ricercare quel gruppo che tante ore ha ammorbato l'aria delle case in cui ci si ritrovava il mio giro ed io in anni passati, in ogni stagione, che se sentirli in pieno inverno un senso magari lo trovi pure, sentire in pieno agosto sole a palla loro prima e Bauhaus subito dopo era, visto da fuori, da disturbati mentali: stupisce che alcuni di noi abbiano tuttora una vita normale (mica tutti, eh)! E li ritrovo, quasi tutti in pieno disfacimento fisico ma non musicale, per fortuna non musicale, Robertino Smith in testa. E pensare che era così carino.

The Cure - Fire In Cairo (Live 2009)

domenica 3 aprile 2011

A volte vorrei che fossimo l'America

A volte vorrei che fossimo l'America, gli Stati Uniti intendo. Poche volte, per carità, ché mi pare che da quelle parti abbiano più difetti che pregi, ma è una visione dal di fuori la mia e in verità non saprei davvero giudicare. A volte vorrei che fossimo l'America per un motivo molto banale: da loro una storia come quella di Tiberio Mitri sarebbe diventata una pellicola di successo nel giro di niente. Non so se sarebbe stato un bene o un male, di certo so che la sua è stata una storia, una vita, che neppure il più fantasioso degli sceneggiatori avrebbe avuto il coraggio di proporre. Infanzia in un collegio, internato dai tedeschi a San Sabba, dopo la guerra diventa pugile professionista. Campione italiano dei pesi medi a ventidue anni, europeo a ventitre, a ventiquattro tenta il mondiale contro Jake La Motta, il Toro Scatenato raccontato da Scorsese. Ne prende tante e perde, ma resiste comunque per quindici riprese. Intanto ha sposato Miss Italia, da cui si separerà dopo averci fatto un figlio (che morirà poi di overdose), ridiventa campione europeo per soli cinque mesi. Appende i guantoni a trentuno anni, nel 1957, e si dedica al cinema (è anche ne La Grande Guerra di Monicelli) e ai fotoromanzi. Fa la bella vita, alcool e cocaina che gli causeranno un paio di arresti, da una attrice americana ha un'altra figlia, che morirà di aids. Gli ultimi anni lo vedono a Roma vivere non proprio nell'agiatezza, fino alla morte, avvenuta nel 2001 travolto da un treno in corsa. Soffriva di stati confusionali, dovuti sia ai traumi del suo passato pugilistico che a quelli, dicono, dei suoi vizi. Non si saprà mai se su quei binari ci andò coscientemente. Ecco, una storia così meriterebbe più di una puntata de La Storia Siamo Noi, seppure validissima, e della solita fiction su raiuno ("Tiberio Mitri: Il campione e la miss") con Luca Argentero e Martina Stella (fiction fatta peraltro bloccare dagli eredi per questioni di diritti), che, almeno a giudicare dal trailer, credo si soffermi solamente sulla storia tra i due giovani belli famosi e invidiati. Non dico nulla, non l'ho vista (anche perchè non l'hanno ancora trasmessa), ma credo che nella storia personale del pugile triestino ci sia molto di più da raccontare e non certo in chiave da fotoromanzo. E' per questo che a volte vorrei fossimo l'America: qualcuno laggiù in Tiberio Mitri forse ci avrebbe visto qualcosa di più.