lunedì 28 maggio 2012

Stand by

Vedi, poi non è che uno può fare tutto quello che gli pare. Dipende, da un sacco di cose. Ad esempio puoi trovarti invischiato in una roba che ha bisogno di tempo per realizzarsi, e alla fine il succo è tutto lì, il tempo. Attimi su attimi su attimi di attesa, snervante, dei momenti veramente necessari, quelli per cui vale la pena vivere, e il resto è solo fuffa e giri a vuoto. In mezzo fai con quello che hai. In questo momento non è che ho poi molto, giusto un letto e un piatto pronto, generosamente offerti da chi mi vuol bene, alla fine. Il lavoro, certo, fortuna che c'è. E gli amici, anche loro, fortuna che ci sono. Ti ci attacchi, alle cose che hai, e scopri che alla fine non hai bisogno di molto, ma non è una vera scoperta, è solo un darsi ragione ancora una volta.
Questa esistenza da rifugiato sta volgendo al termine, e le cose da fare si accumulano: una nuova casa da considerare propria; andarsi a riprendere ciò che è rimasto a far da peso per altri; riprendere contatto con quella che è stata la mia zona, per lungo tempo. Riallacciare rapporti, recuperare interessi messi da parte, perché i vuoti erano riempiti da una cosa sola, e tanto bastava, ed ero a pensarci felice che bastasse, in attesa di riaprirmi al mondo dopo tanta chiusura. Tornerò, sto già tornando, a fare cose, pure quelle che non mi interessano per davvero (tirare con l'arco mi interessa davvero? giocare a scacchi? Va beh, provare non fa male). A vedere gente, pure quelle che non interessano davvero: tocca farlo, in attesa di chi davvero interesserà. Poi altre cose, più pratiche: recuperare un pc per la nuova casa, per poter riprendere a commerciare in fumetti. E quel progetto di diorama che ho in una scatola da sette anni (problemi di spazio: non sapevo dove mettermi a farlo), forse è la volta che lo metto su. Ecco, alla fine finirò per fare di nuovo cose, vedere di nuovo gente, tutte quelle cose che ho fatto in anni passati, tutte quelle cose che alla fine fanno tutti. E' che adesso ho anch'io un vuoto enorme da riempire, in fondo.

The Fugees - Ready Or Not

venerdì 18 maggio 2012

Domani prendo casa

E dunque domani prendo casa. Devo dirlo, non è una cosa che volevo, ma tocca vivere ciò che la vita porta, e a quanto pare porta a questo. Fatalismo, mi dicono, ma qui non c'è nessuna fatalità. Scelte, piuttosto, e non tutte mie: il destino in questa storia c'entra una mazza. Il destino è quella roba che ti mette di fronte a un bivio, poi sta a te prendere una direzione, ma la scelta è solo tua, con conseguenze un po' per tutti. Io avrei fatto tutt'altro. Io avrei continuato a crederci, perché mollare tutto in una storia come questa equivale ad essere sconfitti, ad ammettere che negli ultimi anni si è inseguito cazzate, creduto in cazzate o nel migliore dei casi in illusioni, roba che non esiste. Ma si da il caso che io so, che quella roba esiste, ed è l'unica, vera, cosa che conta. Mi dicono che finisce, ma sono balle. In realtà la sposti solo da un'altra parte, verso chi o cosa pensi possa darti di più. Non è questo il caso, ma paura ed egoismo la fanno da padrone, spesso. Ma non sono cose mie. Non c'è paura, e non c'è egoismo in me (o per lo meno spero ce ne sia poco). In questo momento solo una casa da prendere e una "roba" dentro sconfinata che non trova più sbocco. E fa male.

Neffa e I messaggeri della dopa - Aspettando il sole

lunedì 14 maggio 2012

Caro diario

Questo blog avrebbe bisogno di un nuovo nome. Di taurinico dopo le ultime vicende c'è rimasto ben poco, giusto il ricordo. Un po' amaro al momento, ma il tempo porta quiete e addolcisce tutto: il sapore cambierà, e presto o tardi dipende solo da noi. Si impara, sembrerebbe.
In questi giorni ho visto case, un bel po'. Seguo l'istinto, perché ancora non è chiaro cosa vorrei davvero, per cui mi accontento per ora di trovare un posto il più possibile confortevole, da poter chiamare casa. Forse è saltato fuori, sono indeciso, vedremo. E' che sono fisicamente esausto, mentalmente scarico, emotivamente ancora scosso, seppure in fase avanzata di assestamento, e quindi non è facile. Ad ogni modo se mi decido per l'ultimo appartamento visitato il gioco dell'oca sarebbe completo, un intero giro di giostra durato undici anni: è al civico successivo al mio primo appartamento da solo! In quella via c'ero stato bene, sette anni circa, potrebbe essere una buona cosa. Spero. Era stato l'inizio di tante cose, non tutte buone, ma la vita è così: a volte scegli tu, a volte scelgono altri per te, a volte proprio non hai scelta. Non saprei in quale casistica rientrano gli ultimi avvenimenti, di certo non nel primo, ma non ne sono poi così certo. Comunque un posto devo prenderlo, per smettere col periodo da profugo con una valigia di vestiti appresso e niente più. La parte più difficile sta però nello smettere di..... vabbeh, lasciamo stare.
Cerco di tenermi concentrato sul futuro prossimo. Molto prossimo, non riesco ancora a proiettarmi oltre il prossimo mese. Ieri mio fratello mi ha chiesto cosa avrei fatto. "Affitto quell'appartamento e mi ci trasferisco", gli ho risposto. "E poi?" mi ha ancora chiesto. E poi. E poi, onestamente, che cazzo ne so? Vivrò, penso.

giovedì 10 maggio 2012

Il gioco dell'oca

Passeggiavo ieri sera per le vie e le piazze del piccolo posto dove ho trovato rifugio, ma piccolo è relativo, dipende tutto da dove arrivi. Sto riscoprendo il piacere di girare tranquillo, senza correre, senza dovermi guardare attorno continuamente, senza farmi travolgere dalle centinaia di volti che mi vengono incontro e che per natura ed abitudine guardavo, perché avrebbe potuto essere qualcuno che conosci, da salutare. In provincia è così, incroci la gente e la saluti, magari ci scambi due parole, anche inutili, ma necessarie. A Torino non accadeva quasi mai. A Torino la gente tira dritto, ma non è questione di Torino, anzi, Torino è una bella città, uno dei posti migliori dove stare, ma è che in città è così: un buon posto dove nascondersi facendo finta di stare in mezzo alla gente.
Sto riscoprendo il piacere di dormire senza rumori d'auto e traffico e sirene, di aprire le finestre e respirare aria (finalmente), di non vedere gente far la fila ai cassonetti d'immondizia alla ricerca di qualcosa da monetizzare, di stare seduto al bar senza che qualcuno ti chieda spiccioli o ti venda rose, qualcuno da non guardare in faccia, sia per levartelo di torno che per non sentirti in colpa. Piccole cose, per me importanti, che mi ripagano in piccolissima parte di ciò che ho perduto che è tanto, tantissimo.
Ieri sera poi ho reincrociato vecchi amici nella solita piazza di sempre, due parole, un saluto. La domanda, ma che ci fai qua? Faccio Neffa, ho risposto, è il ritorno del guaglione sulla piazza. E poi, dopo esserci messi al corrente delle ultime vicende di tutti, tutte più o meno simili, conclusioni tutte più o meno le stesse, ce lo siamo detti, cavoli, sembra il gioco dell'oca: tira i dadi e vai avanti, torna al punto di partenza, paga pegno e penitenza. Nel tentativo di giungere al traguardo.

martedì 8 maggio 2012

Priorità

Ho molte cose da fare, e un po' di confusione in testa. Non è ancora ben chiaro ciò che voglio. Non è semplice essere obbligati a rivedere le proprie priorità (sì, ok, d'accordo, la priorità devi essere te stesso, ma c'è un caso, un solo caso, in cui la priorità deve essere altro, l'altro, altrimenti non funziona). Ridefinirle, partendo da poco e da vicino. Quello che ho, l'ho elencate ieri. Ripartire da lì, per ora è l'unica. Non è che mi spaventi, la cosa (il futuro non è cosa che mi spaventi, magari preoccupa, mi spinge alla cautela, ma spaventare proprio no). Più che altro mi stanca, molto, e ho dato fondo alle mie energie già scarse qualche settimana fa, in una domenica trascorsa a ricostruirmi per andare avanti, per potermi riaprire dopo tanta chiusura. Tempo sprecato, a pensarci (più che altro per le incomprensioni che ha causato), e non so neanche se c'ero riuscito: non c'è stato il tempo per provarlo.
Comunque, devo trovare una nuova casa, possibilmente qualcosa in cui star bene come la prima volta in cui abitai da solo. Certo allora lo feci senza fretta, oggi è un pochino diverso, ma non si può avere tutto. E poi la parte più difficile: imparare da tutto questo e metterlo in pratica. Non è detto che ci riesca. Modificare il proprio essere non è semplice, accettare ciò che la tua natura rifiuta è complicato. Ma è la mia parte in questa storia, e vediamo di farla.

P.S.
Ho chiuso i commenti, ma non vi offendete, ho i miei motivi. Chi vuole può scrivermi via mail.

lunedì 7 maggio 2012

Ricomincio da tre

Sono molto stanco. Non è facile. Non per me. O forse sì, è facilissimo, basterebbe riempirsi il quotidiano di cose da fare, pure quelle che non interessano, di gente da vedere, pure quelli che non interessano. Fare cose, vedere gente, non pensare, non ascoltarsi, scappare da sè. Parlare, di sciocchezze, di stronzate, di tutto tranne dell'unica cosa che preme. Identificarsi, in qualche idiozia, una qualunque, qualcosa che ti faccia credere di avere uno scopo, di avere una identità, che riempia i vuoti dell'anima. Sarebbe una soluzione. Ma non per me. Non è che puoi di colpo andare contro la tua natura. La mia natura, si scontra con quella altrui, mal si adatta, crea equivoci: non mi sono mai saputo vendere. Colpa mia. La gente scambia i miei stati d'animo per mal di vivere, non è così. Mai saputo farlo capire. "Ottimismo, ottimismo ci vuole", come se mancasse: cosa c'è di più ottimista nel pensare che in fondo va sempre tutto bene? Le difficoltà non mi hanno mai travolto, ma anche non me le sono mai nascoste. Le ho vissute. "Bisogna ridere, divertirsi, stare bene, stare bene, stare bene": ma vaffanculo! Diffidate di chi vorrebbe ridere sempre. Commetto errori, sempre gli stessi. Prendo come punto fermo una cosa che poi viene sempre disattesa dai fatti. Poggio tutto su terra fragile, che prima o poi cede e mi inghiotte. Ma è l'ultima volta. Ne prendo atto: quella cosa non esiste. Almeno, non esiste per me: non è nel mio cammino, inutile insistere. Quindi ricominciare, ancora una volta. Torno a casa, torno ai pochi che tengono a me senza chiedermi nulla in cambio, torno a me. Ricomincio, da tre.

mercoledì 2 maggio 2012

Vortice

Ragazzi, pensatela come volete, ma il destino è roba che esiste, e non ci si sfugge. Puoi cercare di aggirarlo, puoi pensare che finalmente ha smesso di chiederti prove, ma quando la lezione non è imparata è sempre dietro l'angolo, e prima o poi ti presenta il conto. Lascia stare le giustificazioni che uno può avere, sono tutte vere, ma anche non lo fossero state saresti probabilmente arrivato ugualmente al punto, a quel punto, perché è a quel punto che dovevi arrivare, se non hai imparato prima. E in quel momento sono cazzi, ma veramente cazzi, perché uno mica lo sa qual'è la scelta giusta. Rispettare, come adesso, una parola data e lasciar andare, farsi da parte, accettare egoisticamente la fine di qualcosa perché è più facile costruire da altre parti che ricostruire un progetto malandato; oppure seguire la propria natura, testardamente, e continuare a inseguire un ideale in cui ciecamente credi. Difficile dire. La prima costa fatica, e rischi di fare del male se non ci riesci (ed è l'ultima cosa che vuoi); la seconda costa ancora più fatica, per ciò che metti in gioco, e rischi di farti del male (e non è proprio la prima cosa che vuoi, ma sa Dio se non saresti disposto a correre il rischio). Su tutto la consapevolezza e la visione più o meno chiara di ciò che è accaduto, di ciò che è mancato, delle proprie e altrui mancanze, ma anche dei propri e altrui meriti.
Il discorso è a doppio senso, ciò che vale per me vale per gli altri. E' una storia collettiva, o al minimo una storia doppia, ed è un gran casino, perché in questa storia i limiti sono opposti: qualcuno deve imparare a lasciar andare, qualcun altro deve invece imparare a trattenere, ma le posizioni di partenza partono dalla proprie nature e dunque le posizioni oggi sono quelle di sempre, chi dovrebbe lasciar andare trattiene, chi dovrebbe trattenere molla. Un gran casino, in cui tra l'altro ci si ritrova giustamente soli, perché i deus ex machina esistono solo nelle tragedie greche e qui non è proprio il caso di richiederli.
Non conosco la soluzione, ciò che accadrà, o ciò che è giusto, ciò che è sbagliato. In questo momento ho un solo pensiero e un solo desiderio, ma da solo non basta: l'uno da solo non conta nulla, il due è lì per creare il tre, il tre in questa storia è mancato e ora manca la volontà di cercare di ottenerlo. A vedere oggi, per tutto quello che è successo, per come è successo, era quasi scontato che mancasse. Il destino deve realizzarsi, è sempre inpegnato a scorrere le pagine del suo libro e a leggere la storia, a cui lascia aperto il finale affinché noi lo si scriva. Forse in questa storia è già stato scritto, e nulla c'è ancora da aggiungere. O forse c'è ancora tanto da scrivere, e questo era solo il primo capitolo. Impossibile da sapere. Se chiedete a me siamo appena alle pagine iniziali, ma uno da solo non conta nulla, anche se l'ho dimenticato troppo spesso. Certe storie si possono scrivere solo in due.