Bonetti è il primo ad arrivare all'appuntamento, un po' in anticipo. Si siede a un tavolo appartato, per quanto parlare di tavoli appartati da Fiorio è come parlare di spiagge libere a Loano in agosto, ma fa del suo meglio nel cercare di mantenere una certa distanza dagli altri avventori. Ordina al cameriere baffuto in divisa d'ordinanza un analcolico con cui intende ingannare l'attesa e si mette a leggere il libro che si è portato dietro. Ha ancora questa idea assurda per cui se sei solo e leggi qualcosa dai meno nell'occhio, ma sbaglia, come sempre: per dire, leggere Maus da Fiorio può pure sembrati figo e un tono te lo da anche, però siamo in Italia e se leggi un libro in pubblico non passi certo inosservato, se poi il libro è un fumetto e pure di un autore dal cognome intrascrivibile puoi star certo che ti noteranno praticamente tutti.
Il Furbi ed io arriviamo con una puntualità che scandalizza persino noi e ci sediamo ai lati opposti del tavolo. Il Bonetti ci dedica una occhiata distratta, ci saluta a malapena e sembra veramente rapito dalle vicende narrate, e mentre il Furbi tira fuori una copia del Manifesto, io ordino due birre al baffuto che serve ai tavoli.
"Allora hai deciso per chi votare?" mi chiede il Furbi girando rumorosamente le pagine del quotidiano.
A queste parole il Bonetti si desta e alza gli occhi dal libro, solo gli occhi, e mi fissa con aria interrogativa.
Io tiro fuori una sigaretta e dico che non ho ancora deciso, diciamo che sono combattuto tra diverse opzioni e che non ho ancora maturato una scelta convincente. Più che altro mi chiedo se continuare in una logica da fumettari o se saltare definitivamente il fosso e darmi a una sana ignoranza della materia.
Il Furbi posa via il giornale e fa un lungo respiro prima di dire "Il tuo problema è che non si capisce mai di che cazzo parli", con tono vagamente provocatorio. “Cos’è adesso ‘sta logica fumettara e di che fosso vai cianciando?”.
“Beh, i tempi sono cambiati”, dico, “il mondo è andato avanti. Faccio per ragionare, ma non è detto che si debba per forza rimanere legati a se stessi e a quello che piaceva prima. Insomma non è che se uno legge fumetti per una vita poi non può più smettere o non può cercarsi altre letture”.
"Che il mondo sia andato avanti avrei qualcosa da obiettare", dice il Furbi incrociando le mani, "qua mi sembra si stia tornando piuttosto indietro, non dico di tanto ma di almeno una ottantina di anni è sicuro. Ad ogni modo se il tuo parallelo è tra fumetto e voto ti dico che ci sono obblighi di coerenza che fanno si che il mio voto vada per una parte che disgraziatamente in questo momento storico si trova fuori dall'arco costituzionale, il che fa di me un extraparlamentare a tutti gli effetti non senza una certa punta di orgoglio devo ammettere, ma di fatto un reietto che vorrebbe invece avere una voce, in nome della pluralità alla base di ogni democrazia, dove anche l'ultimo della scala sociale ha diritto di rappresentanza e il dovere di portare avanti le proprie battaglie in tutte le sedi democratiche e civili e sociali e.....
"Senti", lo interrompo, "non ho detto che non voterò. So bene che finirò per votare per l'ennesima volta quella bandiera rossa con falce e martello, ho solo detto che mi sto seriamente chiedendo se non è il caso di guardare oltre".
"Infatti", interviene il Bonetti, "bisogna guardare oltre questa società del consumo dove tutto è mercificato. Riportare la gente ai giusti valori di solidarietà, uguaglianza e...."
"Eccheccazzo", dico bloccandogli la frase a metà, "non intendevo questo. Intendevo solo guardare oltre. E basta".
"Ma oltre che, si potrà sapere?" chiede un Furbi lievemente alterato.
"Insomma", provo a spiegare, "da quanto votiamo da quella parte lì? Praticamente da che abbiamo votato la prima volta, giusto? A parte qualche deviazione di cui ci siamo subito pentiti abbiamo sempre sostenuto quel partito, lo abbiamo visto nascere, poi dividersi, poi dividersi ancora, e poi nuovamente. Eravamo quasi al 9% quando eravamo tutti uniti, se oggi sommiamo tutte le componenti che ne sono fuoriuscite siamo ancora li attorno, percento più percento meno. E siamo sempre noi e siamo sempre gli stessi".
Il Furbi mi guarda interrogativo: "E allora? Che c’entra la logica fumettara?”
"E allora hai presente quelli che comprano e leggono fumetti? Son sempre loro e son sempre gli stessi, non aumentano e non diminuiscono. Se tu vai a una convention oggi e la paragoni a una di vent’anni fa ti accorgi che son sempre le stesse facce, la stessa tipologia di persona, e né aumentano e né diminuiscono: il numero si mantiene costante".
"Bene, e dunque?”
"E' per fare un esempio. Chi legge fumetti lo fa perchè gli piace leggere fumetti da sempre. Insomma, ce l'ha dentro. Non che non legga altro, però quella cosa che ogni tanto lo porta a comprare le nuvole parlanti è lì e non se ne va: gli rimarrà sempre".
I miei due interlocutori mi guardano perplessi, io continuo: "Il popolo dei fumettari è minoritario rispetto alla maggioranza delle persone, ed è a suo modo elitario, perchè chi legge giornaletti sa che ha qualcosa che altri non possono capire. Ha i suoi riti, i suoi miti, le sue date. Pure, per continuare il paragone, all'interno di questa minoranza ci sono varie correnti, chi gli piace il manga, chi la linea chiara, chi i comics e via dicendo, e di solito una cosa esclude l'altra, perchè un mangofilo vuole solo quello, insomma minoranze di minoranze".
"Mi sembra una stronzata" sentenzia il Furbi.
"Aspetta, fallo andare avanti che son curioso" dice invece il Bonetti.
"Quello che voglio dire è che pur avendo una base comune si è per nostra natura intrinseca divisi, tanto che è quasi inutile cercare una unità di intenti. In più c'è la consapevolezza, questa sì comune, di essere più fighi degli altri perchè si conosce una cosa che agli altri è negata, ed anche il fatto di sapere di essere un numero finito di persone è una cosa che fa piacere, perchè difficilmente il fumetto può diventare fenomeno di massa nonostante gli sforzi per propagandarlo, e se diventasse mai di massa chi oggi li legge sono certo smetterebbe. Per cui il popolo dei fumettari è destinato a rimanere quello che è, e il popolo dei rossi pure, perchè si è già raggiunto il numero massimo di persone che possono capire la faccenda ed altri, in fondo in fondo, manco se ne vogliono".
"Per cui cosa intendi fare?” chiede il Bonetti.
"Io? Beh, una opzione sarebbe comprare riviste dove c'è un po' di tutto e pure fumetti, per cui votare Pd, ma ho idea che alla lunga sarei in disaccordo con le scelte delle tavole inserite e la cosa finirebbe per stufarmi. Oppure non leggere affatto e allora votare per i destrorsi, ma è una ipotesi impraticabile, essendo affetto da letturite acuta”.
“E il tuo guardare oltre allora dove va a finire?” chiede il Furbi rinfrancato.
“A pensarci bene ho idea che mi sarà impossibile, almeno in quel senso. Vorrà dire che continuerò a leggere fumetti, a chiedermi perché più gente non legge fumetti, a litigare con chi legge solo manga e a non capire chi non legge affatto. E continuerò a votare comunista. Posso fare altro?”.
Un secondo di silenzio, in cui i due mi guardano senza dir nulla.
Due secondi di silenzio.
“Certo sei strano, tu” dice il Furbi mentre il Bonetti se ne torna alla sua lettura. Io bevo la mia birra e penso che noi, quell’oltre, difficilmente lo vedremo mai. Per fortuna.