martedì 27 luglio 2010

Chi si rivede

Se non ricordo male l'unica volta che Prince cercò di tenere un concerto a Torino, doveva essere il 1990 o giù di lì, questo non si fece perchè la carovana di Tir che trasportava l'attrezzatura arrivò in ritardo (o forse non arrivò affatto): concerto annullato, con buona pace di quanti avevano acquistato il biglietto.
Ieri sera il Genio si è ripresentato sotto la Mole per un concerto al Monte dei Cappuccini, non il suo, quello di una sua amica e collega, Ana Moura, cantante di fado.
Ecco, io odio gli anni '80, e musicalmente ne salvo poche cose. Prince è una di queste.
Certo, se la tirasse un po' meno, con quelle pose Magnum modello Zoolander.....

Prince - Sexy MF

* da 1.37

lunedì 26 luglio 2010

Iniziative

Chiari di luna non proprio favorevoli sui cieli torinesi. Fiat ha cominciato a preparare il trasloco dalla casa natia e se darà seguito a quanto annunciato in questi giorni (probabile, molto probabile) questa città e i suoi dintorni subiranno cambiamenti sostanziali, facili da prevedere.
Intanto il mio oroscopo mi annuncia "notizie confortanti a illuminare la via futura" (bah!), "una bella soddisfazione" (bah!), "un dono che premia una vostra iniziativa" (bah!), "un buono spirito creativo". Ecco, questo oggi mi servirebbe. Tra lavori di casa e caldazza feroce che non ti fa mettere assieme due pensieri in fila sono rimasto un po' indietro con quell' "iniziativa" portata avanti in mancanza d'altro da cui comunque attendo "notizie" (anche non confortanti, cazzarola: notizie!) e da cui eventualmente trarre una "bella soddisfazione" a "illuminare (così) la via futura". Forse dovrei rifarla, quella telefonata.

Caro Emerald - Back It Up

giovedì 22 luglio 2010

Loop (post decisamente sconnesso)

Ché ormai ci avevo fatto la bocca a partire, fra una settimana scarsa, e tornare nel posto in cui ho mosso i primi passi e tanti altri ne ho mossi poi estate dopo estate fino a un decennio fa e poi basta, a passeggiare e a ciacolare con gli amici lungo il corso, che altro da fare non ve n'era, e allora 'nnand e 'nnerete, ammond' e abbadd', come si dice da quelle parti nel dialetto che mi ritorna sù ormai solo quando sono in visita dai miei vecchi o -strana cosa- quando sono particolarmente incacchiato (sì, è strana, 'sta cosa del riparlare il primo linguaggio che ho imparato solo quando sono particolarmente incacchiato, come se dentro dentro, scava scava, la mia essenza parlasse solo un dialetto del sud infischiandosene di quelli appresi dopo, o chissà, forse è solo perchè un sacramento urlato in dialetto dà più soddisfazione di uno in italiano, va a sapere), comunque a tratti torna a galla e mi ricorda cose lontane, così lontane che faccio fatica a credere di averle vissute.
Le stavo riportando alla luce quelle cose, in attesa di partire, ripescando nella memoria e trovandole ancora al loro posto, tutte quante, e la voglia di rivedere quel luogo, cambiato così tanto che non è più mio, e di rivedere i vecchi amici che ancora vi fanno ritorno (chè siam tutti sparsi per il mondo noi del sud, e casa ormai è un altro luogo) piano piano è riapparsa, con la nuova voglia di camminate lungo il corso a ciacolare, che di tempo ne è passato e le cose da dire si sono accumulate.
E invece no, si cambia programma e non se ne fa niente, forse, e un po' mi spiace, chè ormai ci avevo fatto la bocca a partire, fra una settimana scarsa, e tornare nel posto in cui ho mosso i primi passi.

Us3 - Cantaloop

mercoledì 14 luglio 2010

Turista per caso

Torino, corso Massimo D'Azeglio all'altezza del Valentino, ore 9,45, temperatura 29°C, umidità 60%, cielo color celeste sbiadito con vistose macchie biancastre, chè guardandolo lo sai che oltre le macchie c'è l'azzurro, ma sai anche che la poca aria che entra nell'abitacolo dell'auto e che gira sopra la mia testa è troppo debole per levarle via, mannaggia. Traffico scarso per fortuna, bevo dalla bottiglietta d'acqua (18 centesimi) acquistata dieci minuti prima nel minimarket sotto casa, penso a dove sia meglio lasciare l'euro 2 che guido e che mi impedisce l'accesso alla dannata Ztl. Non sono ancora le 10.30, quindi sarebbe stato uguale in termini di accesso per i senza permesso, non fosse che la vecchietta che guido è discriminata pure nelle ore successive e ho idea che sia rimasta una delle poche (anzi no, son cambiate le regole nda), comunque, chissenefotte, non ho tempo per ragionare e l'appuntamento è alle 10 in via San Massimo, quindi opto per il parcheggio sotterraneo di Piazza Vittorio Veneto, per amici e torinesi solo Piazza Vittorio.
Che poi uno dice via San Massimo e che sarà mai, ma è la solita mentalità da provincialotto trasferito nella metropoli che dimentica le distanze da città e via San Massimo sarà pure lunga un chilometro scarso ma a fartela a piedi ci piglia del suo anche senza 'sto caldo appiccicoso che da una settimana e più rompe le scatole. Ad ogni modo mi incammino, e la telefonata della tizia mi arriva in Piazza Cavour a due passi dal suo ufficio e dal set di un qualcosa che girano con la Littizzetto, che mi facevo più piccola a vederla da qua, ma magari è solo per via dei tacchi che calza o forse chi le è vicino è proporzionato alla sua altezza, non saprei dire e non ho manco tempo di dire, ad esser sinceri. L'ordine "motore, azione" lo sento arrivare mentre varco la porta del posto, ma dubito che sia riferito a me, comunque anch'io recito la mia brava parte (a memoria, sempre uguale: un attore consumato, ormai!), e la scena dura sì e no un venti minuti, che è già un bel record a pensarci: tutto in presa diretta, camera mobile senza stacchi, un bel piano sequenza come dogma (95) impone. Finita la ripresa del mio cortometraggio sbircio la concorrenza, e son tutti belli fermi sotto il sole cocente, attori e tecnici, che mi da l'idea che fare cinema alla fine sia una bella sequenza di tempi morti e girar di pollici, ma sempre meglio che lavorare.

Ore 10,40, temperatura 30°C, umidità 65%, cielo colore di prima forse un po' peggio, la bottiglietta è piena (vuota?) per metà e pure un po' caldina, di già. Ragiono un secondo se mi conviene prender l'auto dove l'ho lasciata o andare a piedi, mi figuro mentalmente 'sta cacchio di Ztl e non ho molte scelte dunque vado, nella caldazza, a piedi, direzione ovest. Taglio a zig zag fino in Piazza Carlo Emanuele II, Piazza Carlina per amici e torinesi, butto l'occhio alla statua di Cavour in mezzo allo slargo, penso che in fondo è morto giovane il Conte, cinquant'anni e poco più, giusto il tempo di far danni dalle parti dei miei antenati, che son certo si auguravano schiattasse prima. Veloce passo oltre, a prendere via Principe Amedeo da fare sempre dritto, chè oltre via Roma cambia nome e diventa la via Bertola che cerco, bel modo torinese di incasinare turisti e provincialotti immigrati, il chiamare la stessa via con più nomi diversi. Oltrepasso Piazza Carlo Alberto, che mi piace sempre parecchio, butto l'occhio in Piazza Carignano, dove sotto il palazzo omonimo un contatore mi avvisa che mancano 246 giorni al 150esimo dell'Unità d'Italia: 150 anni, che non sono tanti ma manco pochi, cazzarola, e noi ancora qua a sfornar imbecilli che ce l'hanno coi terun, ma vabbeh chissenefrega, che ho ancora un tot di isolati da fare e comincia a far davvero caldo.
Ecco, il caldo, forse la chiave è tutta qua, che col caldo uno vuole solo rilassarsi altro che correre e lavurà, e giù dalle parti dei miei antenati il caldo è roba seria, mica hai voglia di sprecare fiato ed energie a spiegare che terun è un concetto relativo, dipende da dove guardi. Ma son filosofie, cose da Magna Grecia, che van bene da dire mangiando pane e olive all'ombra di un albero, e d'altronde non è un caso se gli ellenici si fermarono in Campania senza andar più su a civilizzare pure i celti o galli che dir si voglia: troppa fatica, forse, o magari pensavano fosse tempo perso, va a sapere. Comunque, tra un pensiero stupido e la lettura di manifestini su una parete che avvisano dell'imminente ritorno del Nazareno ("Gesù sta arrivando", e speriamo gli vada un po' meglio a 'sto giro), arrivo dove devo arrivare, un ufficio caldo come il sahara d'agosto, con due ragazzotte decisamente sovrappeso che tentano in tutti i modi di combattere la calura. Anche qui ripeto la parte, decisamente peggio dato il clima avverso, ma buona la prima e via si torna, direzione opposta su passi già fatti.

Ore 11,30, temperatura 30,5°C, umidità da sud est asiatico, il colore del cielo non ho il coraggio di vederlo e, all'incrocio con via Pietro Micca, finisco pure le sigarette. Vorrei deviare fino in Piazza Castello, dove questa sera Charlotte Gainsbourg apre le danze del Traffic, e scendere poi giù lungo via Po, ma allungherei e poi già so che finirei per comprare qualcosa alle bancarelle dell'usato, e non ho voglia di spender soldi, oggi. Quel che restava dell'acqua calda in bottiglietta ha preso il volo dieci passi prima, sono dunque senza viveri, a percorrere sotto il sole il chilometro e mezzo o poco più che mi separa dalla mia discriminata vettura, chè sì lo so che in mezzo incontro almeno tre tabaccai e una ventina di bar, ma mi va di metterla giù epica (o patetica) e poi sono da solo in centro a Torino, e quindi, credetemi, solo, che magari a Napoli o dalle parti dei miei antenati quelli che ti stanno attorno un ruolo e un senso ce l'hanno, a Torino no, sono solo figuranti di un film a protagonista unico, sé medesimo, dove ognuno è al tempo stesso sia l'uno che l'altro, con scarse possibilità di finire protagonista nelle inquadrature altrui e ognuno gira il proprio film e ognuno casualmente fa da contorno a quelli degli altri. Ma non ho voglia di stare a pensarci, e tanto meno di stare a spiegarlo, chè il caldo è ancora troppo e di passi da fare ne ho ancora un po'. E poi è piacevole, a volte, sentirsi turista per caso.

martedì 6 luglio 2010

Orizzonti che si muovono

Mesi di silenzio, interrotto a tratti su altri luoghi, ogni tanto la voglia ritorna, ma son le cose da dire che mancano, o piuttosto le cose da fare che tengono distante, e il senso di colpa, latente, nel vedere questo spazio rubare tempo ad altro di meno frivolo e più necessario.
L'ho riguardato questo spazio, e non mi piaceva poi più tanto. L'ho ridipinto, modificato i colori, consapevole di cosa significhi, cambiato la testata che come molte delle mie cose da provvisoria era rimasta tale per due anni. L'ho riletto, da cima a fondo, con la sensazione a volte che a scriverci sopra fosse un altro e mi sono piaciuti alcuni vecchi scritti di partenza, di quando questo luogo non aveva ancora imboccato una strada non proprio cercata ma che mi ha fatto incrociare tanta bella gente.
Ho continuato, nel frattempo, a frequentare i soliti posti, quella bella gente, e ne ho visti alcuni allontanarsi. Ho letto a volte parole di commiato, a volte niente, e ho letto su altri luoghi, amici, la speranza di non perdere certi punti fermi, pur nella consapevolezza che quel passo (chiudere, mollare, lasciare, partire, morire, per usare le sue parole) è forse necessario.
Come sempre il dolore più grande è per chi resta. Per quel che posso immaginare c'è sempre più vita su Marte.

David Bowie - Life on Mars?