lunedì 21 aprile 2008

Here comes the rain

Piove, come non bastasse il lunedì a render l'umore nero.
C'è stato un tempo anni fa in cui la pioggia mi piaceva pure, ma ero giovane e il cielo grigio era lo scenario ideale per ascoltare Cure e CCCP, in più quel bianco e nero perfetto di Jimmy che passeggia, appeso alla parete di fronte, dava all'acqua tutto un altro significato.
Altri tempi: giovani, nerovestiti, incazzati, due pacchetti di cicche al giorno, quattro ore di sonno per notte, Democrazia Proletaria, birra a fiumi, the world is my oyster e qualcuno se l'è mangiata.
Poi gli anni sono passati, Robert Smith è ingrassato, Ferretti si è fatto prete, DP cos'era già?
Come a dire si parte James Dean e si arriva Charlie Brown.


venerdì 18 aprile 2008

Gli zulù vanno alle giostre (3)


La serata scivola via pesantemente. Nulla di importante viene detto e forse nulla c’è da dire.
Matteo Spensieratezza si alza non meno di sette volte, saluta non meno di diciotto persone, briga con almeno due, scola quattro tra medie e piccole.
Corteggia, baccaglia, complimenta senza ritegno almeno tre ragazze, si illude con una, estorce numeri di cellulari con consumata abilità, lascia il suo come se di mestiere facesse il rappresentante di se stesso. Collega il cervello solo due volte, il resto è esperienza.
Serata Proficua.
Vinicio Tristezza scioglie i nodi che ripetutamente gli si formano in gola, conta tre volte gli stuzzicadenti rovesciati sul tavolo, guarda verso l’orologio del bancone almeno dieci volte, si stupisce sei volte di come sia regolare il suo guardare l’ora.
Osserva Mats, osserva le cameriere, osserva Ricu Sorriso Stampato, osserva la sala, osserva chi entra, chi esce, chi va in bagno e chi sta seduto.
È l’Uomo che Guarda.
Guarda il suo bicchiere color giallo paglierino, collega il colore della birra a quello del piscio tutte e due le volte in cui va in bagno. Nel tragitto urta tre persone, ne riconosce forse una, parla mai.
Guarda e pensa, pensa e guarda, ma meno guarda e più pensa, e i pensieri sono tanti, Laura Rimpianto, Laura Scomparsa, Laura Santa, Laura Puttana, Laura Laida, Laura Amore, Laura Troia.
Serata di Merda.
Vinicio formula pensieri tipici di chi è stato mollato. Un intenso dialogo tra sé e sé e lei che non c’è si anima nel cervello: le frasi dette, quelle non dette, ma, soprattutto, quelle che non si è potuto dire.
Poi entrano in scena altri elementi e altri personaggi e ognuno dice la sua: è come assistere alla Domenica Sportiva , con tanto di moviola e commento tecnico. Si ripercorrono le fasi salienti dell’incontro, si rivedono le azioni più importanti, si commenta, ci si indigna, si risentono le interviste.
Vinicio fa la parte di chi alla finale di Coppa Campioni sbaglia il rigore decisivo all’ultimo minuto: testa bassa, stadio ammutolito, Laura Avversaria che corre ad abbracciare tutti e dieci i compagni esultando (troia).
Vinicio nota e pensa a cose che prima non esistevano: improvvisamente tutti quelli che stanno attorno sono in coppia. Tutti, lui escluso, hanno al fianco almeno una esponente dell’altro sesso, tutti hanno stampato in faccia la prospettiva di un qualcosa. Tutti ridono, oltretutto. Ma la cosa peggiore è non tanto vedere, quanto ascoltare, come dalla coppia maledetta al tavolo vicino:
Lei, Capelli Lisci Neri: “sai non pensavo viste le delusioni che ho avuto in precedenza e poi l’ultima storia che mi ha lasciato come svuotata e bla bla bla e non pensavo di poter bla bla bla invece bla bla”.
Lui: “Beh sai neanch’io pensavo di poter ancora bla bla e invece con te bla bla bla”.
“Stronzo mentitore” dice piano Vinicio Verità.
E via così, tra birre e moviole e coppie, con Vinicio che pensa e Mats che va e viene: la serata continua a scivolare.
Sul finire Mats Allegria propone di andare al Martinica: “Ci viene anche… coso… si insomma il tizio con cui parlavo prima”.
“E chi cazzo è?” risponde Vinicio Entusiasmo.
“Ecchissenefrega chi è! È uno.”
Vinicio alza gli occhi al soffitto con la faccia di chi pensa tutte a me.
Difatti lo pensa, non lo dice ma lo pensa e questo Mats lo sa.
Un secondo di riflessione, mani di Matteo che si appoggiano al tavolo.
Due secondi di riflessione.
“Senti Vinni” dice Mats Paterno “io capisco che hai i tuoi cazzi. La donna ti molla e tu hai i tuoi cazzi, sacrosanto, giusto, cristallino. Però non puoi pretendere che tutti abbiano i tuoi cazzi”.
Pausa studiata.
“C’è gente che vuole divertirsi qui”, dice Mats Mano sul Petto, “e che oltretutto cerca di far divertire te. Per cui, dedica se vuoi un ultimo pensiero a chi se ne è andata, e poi AL-ZA IL CU-LO!”.
Scena ferma, silenzio in studio, alla domenica sportiva il pubblico col fiato sospeso è in attesa.
Mats Attore si volta e si incammina.
Vinicio Coraggio si alza e saluta.
Il pubblico respira.
Sigla di coda.

........................ continua .....................

mercoledì 16 aprile 2008

Dio è morto, Marx è morto ed io...

…ed io mi ritrovo alle quasi nove del mattino incastrato nel traffico del corso (Orbassano), circondato in mezzo a un mare, di gente (come me?), ognuno nel proprio guscio con le ruote, a cristonare verso gli altri (uguali a me?), diretti verso mete poco agognate, odiate, scagate, non cercate (a volte), dove ammazzare il tempo facendo finta (sarà vero?) di lavorare, per tornare a sera tarda (ore sei) verso casa nuovamente (finalmente), dove rincorrere scampoli di vita (quella vera), consumata in poche ore, tra un pasto un gatto e un televisore (sempre acceso), a guardar negli occhi il mio amore e a chiederci perché (cazzo) bisogna far tutto di corsa, ridere mangiare viaggiare scopare, tutto d’un fiato, senza sosta. Basterebbe dire basta (si diceva), ma tra il dire e il fare c’è di mezzo sempre lui (il mare), impossibile da superare soprattutto a chi è incapace (di nuotare) come me, e s’arrabatta a stare a galla cercando di non affogare, perché alla fine ciò che conta è essere vivi (cantava), ma vivi come non si sa. E allora mi dispiace di aver perso un punto fermo (immutabile), mi faceva stare bene, sperare in quella cosa innominabile (ormai), che ogni tanto faceva capolino a ricordarmi che in fondo (da qualche parte) è possibile, vivere. Hai visto mai.

sabato 12 aprile 2008

Gli zulù vanno alle giostre (2)


Il Pub è il solito vecchio pub.
Ricu il proprietario è la prima mano stretta da Mats Caloroso. Seguono camerieri e avventori, in ordine sparso. Matteo Socialità saluta tutti, parla con tutti.
Vinicio detto Il Freddo quando ha i cazzi suoi non ce n’è per nessuno. Lo sguardo gira alla ricerca di qualcosa che lo tolga da lì, si sofferma su pareti e quadri e faretti e poi torna, si incanta, si abbassa. La mente scivola, la mente pensa: “ Il palco è vuoto, Vinicio Depresso torna sulla scena (applausi)”.
Il gestore del pub è uno che ci sa fare, veramente. Saluta e tratta chiunque con un certo riguardo, inoltre ha buon gusto in fatto di musica, cosa che non guasta: “Ciao belli, libera uscita stasera?” chiede.
“Macché, siamo scappati” dice Mats, poi, a bassa voce, avvicinandosi all’orecchio dell’interlocutore: “No, in realtà porto fuori il depresso qua di fianco. Sai, storie di donne”.
Entrambi guardano verso Vinicio, che, non accortosi di nulla, riperlustra con sguardo perso l’intero locale.
“E’ stato mollato?” chiede Ricu, “Dopo tutti ‘sti anni?”
“Eh già!” Sospira Mats, “storia malata, malatissima. L’amico qui è distrutto, un caso pietoso. Ma che ci vuoi fare: è la vita, no?”
E poi: “Senti, noi ci sediamo laggiù, mandaci due birre.”
Dopo di che si rivolge all’amico: “Ci sediamo?”
Vinicio Catatonico annuisce con un cenno del capo.
Nel percorso fino al tavolo Mats Allegria si ferma due volte: la prima a salutare un reduce di tempi migliori, la seconda, molto più volentieri, a salutare una amica.
Succede tutte le volte che escono assieme: per un motivo o per l’altro Vinicio si ritrova ad aspettare che l’amico finisca le sue pubbliche relazioni.
Attende pazientemente al tavolo. Da solo. Il tema dominante dei suoi pensieri è: “Chi cazzo me lo ha fatto fare di uscire stasera”. Una acceso dibattito si svolge nella sua testa, ogni aspetto di sé urla la propria scusa.
(Applausi).
Mats arriva, finalmente: “Dico ma l’hai vista? L’hai vista? Mamma mia non fosse che è già fidanzata…”
“Perché, è un problema?” chiede Vinicio.
“Certo che è un problema, che cazzo!” risponde Mats Indignato. “Mica puoi andare a metterti in mezzo a due”
“Mica tutti ragionano così”, osserva Vinicio.
“Beh, io si!” dice Mats Scaldato. “E ragionassero tutti così a quest’ora non staresti qua con me, ma con quell’altra…” . La frase è sospesa per rispetto.
Vinicio Giustificazione bofonchia: “Ma che c’entra. Succede.”
“Certo che succede. Ma non dovrebbe. Cazzo, siamo uomini o no?”
Vinicio pensa a cosa dire un istante di troppo, poi velena: “A vedere certi tuoi comportamenti non si direbbe”
“E che vuol dire?” si giustifica Mats, “Solo perché passo da un letto a un altro non significa che per me certe cose non contino. E poi guarda che quelle che mi faccio io di nome fanno Adulta Consenziente”.
L’acido dal corpo di Vinicio esce senza che se ne accorga: “Come Claudia.”
(Applausi?).
“Cristo, sei proprio un bel tipo! Quella è una storia morta e sepolta. Ero giovane e stupido. Che ci vuoi fare, bisogna imparare, no?”.
Detto questo Mats Arrabbiatura si gira verso il bancone. Lo dice piano: “Ricu, manda ‘ste cazzo di birre”, più a mandare un messaggio mentale che altro.
Chissà, forse funziona.
Il tempo tra la frase e l’arrivo delle birre è un eterno minuto in cui la moviola della mente si aziona e parte: “ecco, qui l’azione dell’uno è interrotta dal fallo veramente cattivo dell’avversario. Giusta l’ammonizione”.
Vinicio rompe il silenzio: “Senti Mats, scusami! Non dovevo rivangare quella storia. E poi hai ragione: è morta e sepolta”.
Mats Il Turco accende un’altra sigaretta. Poggia i gomiti sul tavolino. Guarda Vinicio e ogni tanto tira una boccata.
E poi lentamente, solennemente, dice: “Tu sei uno stronzo!”.
(Applausi!).
........................continua.................................

Libertegalitè

Si è nominato, sbevazzando, libertà. Parola vuota, sensazione mai conosciuta, ridotta ormai a réclame. Puttana barattata, venduta, abusata, violentata, persa, che di libero oggidì non c’è nemmanco uno starnuto. Certe parole per fortuna vengon fuori solo quando dio Bacco versa bicchieri, e meglio così: hai visto mai che a nominarsela da sobrio a uno venga voglia di veder l’effetto che fa e farsela, Libertà.

sabato 5 aprile 2008

Ma Bravo, Marco

Complimenti a Marco Cazzato per la bella mostra allestita a Torino in questi giorni. Per i dettagli vi rimando al suo link a fianco e più precisamente nel suo blog.

Bravo davvero.

Tre pizze e un pallone (in testa)


L'invito a seguire da una comoda poltrona i quarti di finale della defunta Coppa dei Campioni mi era arrivato formato sms con due giorni di anticipo. Quando la dea Eupalla chiama, la risposta parte automatica: il cervello non fa nulla, solo le dita si affrettano sulla tastiera a confermare, mentre negli occhi scorrono immagini fantozziane di birra televisione e rutto libero.
A far sparire le immagini ci pensa la prenotazione a uno spettacolo teatrale, precisamente in quel di Moncalieri, fatta mesi prima e ovviamente rimossa, che putacaso casca proprio la sera in cui si gioca l'ennesimo confronto fra gli italiani de Roma e gli inglesi de Manchester, rivincita delle scoppole delle ultime volte, ultima occasione dell’italico futbal di menargli alla perfidissima Albione.
Ripongo mentalmente la birra in frigo, sacramento il giusto e disdico formato telefonata l’invito, causa forza maggiore. La voce dall’altra parte del cavo risuona di umana comprensione, un po’ come quando racconti di una malattia che ti sei beccato tanto per capirci, ma gli amici servono a questo e conforta sapere che qualcuno conosce il tuo dramma, barattare novanta minuti di patriottiche pedate con altrettanti minuti di… cos’è che si va a vedere? L’antro delle Ninfe c’è scritto sul biglietto, e così pure afferma la mia metà, per cui mi fido, che posso fare? Oltretutto pare l’avessi scelto io. Incredibili buchi di memoria mi impediscono di associare il me attuale col me stesso che mesi fa prende il programma dello Stabile, legge e sfoglia e scarta e infine –incredibile- decide, ma anche qui mi fido: posso anche averlo fatto.

Mi piace, Ronconi.
Ecco, forse a ricordar bene, il motivo della scelta era quello: è uno spettacolo di Ronconi quello che mi appresto a vedere, stanco dopo una giornata di lavoro, con la testa che ogni tre secondi pensa a Totti in the Sky, seduto in uno stanzone dove gli spettatori sono messi gli uni di fronte agli altri e l’allestimento scenico è in mezzo: una lunga tavolata a forma di T, delle parole appese a delle catene su un lato corto e qualche finto masso sparso qua e là.
Aspettiamo che inizi e intanto penso (in ordine sparso): chissà che fa la Magica?; però, carine ste lettere appese; sarà cominciata la partita?; e sto tavolone?; magari qualcuno ha una radiolina; ma di cos’è che parla sto spettacolo già?.
La mia paziente metà mi spiega che riguarda qualcosa che ha a che fare con Ulisse, di preciso quando si trova nell’antro delle ninfe da cui il titolo, ma non ha tempo a dirmi altro perché comincia ed io mi trovo catapultato in un fiume di parole dalla dizione perfetta, pronunciate da alla fine saranno quattordici personaggi (undici titolari e tre riserve) che si alternano attorno e sopra il tavolone, dove Odisseo figlio di Laerte è prima quello di Into the Wild sdraiato sul tavolo, poi quello vecchio che sembra Paolo Migone senza l’occhio nero, e alla fine sempre quello di Into the Wild solo che non è più quello dell’inizio. In mezzo dissertazioni, parole, affermazioni, parole, moniti, parole, tutte dalla dizione perfetta e pronunciate talmente bene che invece di comprenderne il significato dopo un po’ comincio a seguirne solo il suono, bello, potente, musicale, come una sinfonia a cappella. Mi ci abbandono e mi faccio deliziare e trasportare, tra un pensiero mio alla Roma, uno sguardo al pubblico, uno alla mia bella e un domandarmi chissà di che materiale sono fatte le parole appese (balsa?), salvo poi accorgermi più o meno al 45esimo di aver perso completamente e irrimediabilmente il filo della narrazione.
Tento, invano, di recuperarlo. Niente da fare, troppo complicato il testo per chi si perde in pensieri stupidi. Il teatro è così: mica è una partita di futbal che ti basta una sintesi per capire come è andata. Il teatro te lo devi sorbire dall’inizio alla fine, tocca andarci preparati ed io, faccio ammenda, non lo sono. Mi consola il fatto che a giudicare dalle facce degli altri spettatori, e pure di qualche attore, non so davvero quanti lo siano.
Chissà, forse pensano alla Maggica pure loro.
Conclusione della serata: la Roma ha poi preso due pizze e io ne ho vista una per un totale di tre.

mercoledì 2 aprile 2008

Gli zulù vanno alle giostre (1)



La macchina odora di polvere non tolta e di sigarette fumate.
Matteo detto Mats guida rilassato lungo le solite strade. Al fianco Vinicio detto Vinni gioca nervoso con un accendino.
Mats calcola mentalmente: Dunque….Ho questa macchina da otto anni…fumo in media venticinque sigarette al giorno, di cui almeno cinque o sei in macchina…ma facciamo pure sette! Per cui sono sette al giorno per trecentosessantacinque giorni l’anno che fanno…fanno…più o meno duemila, no di più, facciamo cifra tonda, duemilacinquecento. Per otto anni sono ventimila sigarette, senza contare quelle che fumano gli altri. Quindi trentamila, via, trentamila sigarette bruciate in un ambiente d’otto metri cubi.
“Roba da non comprare più le sigarette e farsi la giusta dose di nicotina leccando i vetri della macchina”, dice all’amico.
L’altro si gira di scatto, lo guarda interdetto, non risponde.
“Cioè, capisci, trentamila sigarette.”
“Ma che cazzo dici?” finalmente sbotta Vinicio.
“Scusa, è che stavo calcolando quante….”
“Sì. L’ ho capito”, lo interrompe, “ma non puoi pretendere che uno conosca sempre i tuoi pensieri. Stupidi, oltretutto”.
Mats volta la testa giusto un attimo.
Le ruote girano, gli occhi di Vinicio addosso.
“Trentamila sigarette!”
Vinicio torna al suo accendino.
Odore di gas.
Matteo guida.
“Insomma, che c’hai stasera?”
“Niente, non ho niente. E’ solo che sono stufo dei tuoi conteggi. E quanti dischi hai comprato, e quanta birra hai bevuto, quanta piscia hai fatto….”
“Oh, quello è un calcolo sconvolgente. Uno mica si rende conto di quanti litri…”
“A che servono?”, lo interrompe Vinicio Alterato, “Voglio dire, a che ti serve contare quante sigarette hai fumato finora?”
“Non finora, solo in questa macchina” precisa Matteo.
“ E a chi interessa, che ti frega sapere quante qui e quante sulla tazza del cesso, tanto le hai fumate e non per questo ne fumi di meno”.
Fermi. Allo stop.
“Siamo nervosi stasera, eh?”
Odore di gas.
“Pensa, ho letto su una rivista che la gente in media trascorre nervosamente almeno mezz’ora al giorno, quindi…vediamo… sono 365 in due anni, ne hai 30, dunque almeno cinquemila ore, suppergiù. Fa quasi un anno di nervosismo.”
“Con te diventano almeno il triplo”.
“Ah sei simpatico, proprio simpatico!”
Mani pratiche accendono la sigaretta trentamila e una, voce fintamente ferma dice: “Proprio un bel ringraziamento per chi sopporta le tue magagne e i tuoi piagnistei da ….quanto è? Dunque…almeno un’ora al giorno per 365 giorni….”
“Lascia stare, non è il caso”, lo interrompe Vinicio Calmato. Poi aggiunge debolmente uno “scusa”.
“Come hai detto?”
“Ho detto scusa! Va bene?”
“Diciamo che va meglio”
Il finestrino si abbassa, la nuvola grigiastra esce, l’odore di gas si attenua.
“L’hai più vista?”
Il No che sente ha troppo anticipo.
“Ma l’ hai cercata.”
Vinicio gira la testa a guardare oltre il finestrino opaco.
“L’ hai cercata!” incalza l’amico, non nascondendo un certo godimento in quell’affermazione.
Vinicio Categorico: “Parliamo d’altro, va bene?”.
“Va bene, va bene, parliamo d’altro. D’altronde ci sono migliaia d’argomenti di cui parlare senza per forza finire sull’unico argomento di cui veramente t’interessa parlare”.
“Ma chi ti ha detto che stasera mi va di parlare di quell’argomento?”
“Hai ragione, hai ragione”.
Aria fredda penetra nell’abitacolo, pensieri forse stupidi nascono dal nulla: la cicca si consuma più velocemente se la aspiri pensandoci.
“Va beh, senti, facciamo un salto a bere qualcosa, d’accordo?.
Vinicio non risponde.
“D’accordo. Chi tace d’altronde acconsente”.
Mats cerca e trova un nastro. Lo inserisce nello stereo della vecchia macchina e alza il volume a Livello 18. Le note esplodono come un tuono in una giornata di sole.
Mats Casablancas canta a squarciagola, stonando.
LEST NAIT , SCISSEID, O BEBI AIMFIL SO DAUN...
“FICHISSIMI QUESTI STROKES! DAVVERO! ERANO ANNI CHE NON SENTIVO ROBA DEL GENERE!”, urla Mats Rockstar.
“A questo volume neanche io” dice Vinicio Scazzamento.
“COSA? CHE HAI DETTO?
“HO DETTO A QUESTO VOLUME NEANCHE IO! CAZZO!
Le ruote inchiodano, le cinture di sicurezza si tendono, la musica scompare.
Un secondo di riflessione.
Luci di vetrine illuminano marciapiedi.
Due secondi di riflessione.
“Senti, va bene che la donna ti ha mollato, va bene che sei triste, depresso, hai voglia di sterminare il genere femminile e tutto il resto, ma se non sopporti più neanche della buona musica allora hai dei problemi. Dei problemi anche seri. Non scherzo.”
Lo zippo scintilla a vuoto, Vinicio Scoglionato lo tortura ripetutamente.
“E mi sono rotto anche un po’ le palle di portarti in giro cercando di svagarti. Giuro!”.
Le ruote ripartono.
Silenzio, Vinicio è perso con lo sguardo fuori dal finestrino.
“A vedere poi cosa, che è notte” pensa Mats.


........................continua.................................