giovedì 17 novembre 2011

Io odio gli anni '80

E' preoccupante. C'è quella fase in cui per un attimo ti ritrovi a pensare agli anni '80 e, non pago, a rimpiangerli, addirittura. Saranno i tempi cupi da premedioevo in cui versiamo, a far vedere quei dieci anni di vacche grasse come qualcosa da rivalutare, oppure è solo un riflesso condizionato dell'età, per cui naturalmente si tende a guardare con nostalgia a quando si entrava ancora nelle statistiche alla voce "giovani". Magari saranno entrambe le cose, va a sapere, ma è solo un attimo, l'ho detto, dura il tempo che intercorre tra il pensiero "non erano poi così male" e la visione mentale di pettinature al limite del ridicolo o di giacche con spalline troppo, troppo, grandi (brrr..... per fortuna qualcuno ce lo fece notare!).
Torna di tanto in tanto quella fase, e a fartela tornare a volte è una canzone, a volte uno sguardo al portafogli che all'epoca sembrava più pieno (era più pieno), altre volte ancora sono i discorsi tra coetanei in cui, alla Caparezza, si finisce invariabilmente per parlare di Jeeg Robot e delle Strade di San Francisco, argomenti ultimi di conversazioni sempre uguali. La cosa tragica è che, a quanto ricordo, già nel '91 Jeeg Robot si infilava di prepotenza nei discorsi fra pari età, segnale evidente di almeno due cose: la prima, che i discorsi tra amici non erano poi tutto 'sto che, la seconda, che come generazione ci viene naturale pensare alle minchiate. Siamo stati fortunati in fondo, avendo passato infanzia e adolescenza tutta a preoccuparci solo di sciocchezze. Mentre alle cose serie ci pensavano altri, genitori ansiosi di dare ai figli "ciò che loro non avevano avuto", fratelli maggiori che la libertà di espressione se l'erano dovuta conquistare con unghie e sampietrini, noi ci trastullavamo sbirciando sempre più tette e sempre più culi su reti private, divoravamo cartoni animati giapponesi fin oltre la soglia dei vent'anni, portavamo il superfluo a stile di vita senza manco rendercene conto: era a portata di mano, perchè non prenderlo? L'aspetto preoccupante viene fuori in tutta la sua gravità se, guardandoci attorno, notiamo con imbarazzo che della nostra generazione sono proprio pochini quelli venuti fuori bene, nel senso di persone capaci responsabili e in grado di farsi carico del proprio e altrui futuro, anzi, per dirla tutta in questo momento non mi viene in mente proprio nessun quaranta/quarantacinquenne degno di nota. Siamo una generazione di teste vuote, inutile girarci attorno, siamo Has Fidanken, e senza coscienza di esserlo. E siamo figli di quegli anni lì, cresciuti in quegli anni lì, quelli che ogni tanto si rimpiangono, ma senza preoccuparsi troppo del perché: li si rimpiange solo perché sono i nostri anni, e ogni scarrafone è bello a mamma sua.
No ragazzi, non c'è nulla da rimpiangere. Gli anni '80 sono il motivo principale per cui qualcuno si è impegnato nella ricerca della pillola per cancellare i ricordi. Sono fuffa elevata ad arte, noia da sovrabbondanza, ambiguità che degenera, poco di serio da ricordare, e io odio gli anni '80, ma a volte li rimpiango. E' preoccupante.

Talk Talk - Such A Shame

mercoledì 16 novembre 2011

Prove tecniche di normalità

Nuovo governo. Un ammiraglio alla Difesa. Un economista all'Economia. Un ambasciatore agli Esteri. Un ex prefetto agli Interni. Un avvocato alla Giustizia. Un amministratore delegato allo Sviluppo. Un docente universitario all'Istruzione. Donne incaricate per l'esperienza e non per l'avvenenza. Nessun politico. Un Presidente del Consiglio dall'aria seria. Nessun ministro vestito di verde stile Kermit del Muppet Show. Nessun ministro ruttante. Tutti con l'aria più o meno competente. Tutti con l'aria di chi mastica almento due lingue straniere. Tutti (credo, spero) non inquisiti. Un governo che assomiglia a un governo e non a una compagnia di giro. Dovrebbe essere la normalità, invece ci si stupisce. Tanto per dire quanto in basso si era scesi.

lunedì 14 novembre 2011

No, forse non ci siamo capiti

C'è questa cosa buffa, l'opinione che gira sul Presidente del Consiglio incaricato Monti dove in pratica ci si ritrova a pensarla in maniera molto simile alle varie trombe di regime, ai Sallusti, ai Ferrara, ai Feltri e via dicendo. Dicono a destra che con questa nomina si è abdicato alla democrazia, avendo dato l'incarico a un non eletto dal popolo (quanto gli piace, dire 'sta cosa!) che ha, pare, intenzione di affidarsi a un governo di tecnici (tutto ancora da vedere). Dicono anche che Monti sia troppo vicino agli ambienti bancari, in pratica un uomo della Bce se non proprio della Goldman Sachs dove in passato ha lavorato, e che la sua nomina è una ingerenza bella e buona dei poteri forti sul nostro Paese. Avvertono poi sui pericoli che deriveranno dalla sua nomina, in particolare sulla svendita del patrimonio dello Stato e su manovre lacrime e sangue che questi dovrà adottare per tentare di rimettere in sesto la baracca.
Tutto vero. Dimenticano un piccolissimo particolare: che se siamo a questo punto la colpa è solo loro (ripeto: loro!). Se a noi sta a cuore l'interesse dell'Italia, a loro stanno a cuore solo gli interessi di bottega, che avrebbero tanto voluto continuare a farsi alla facciazza nostra.
La democrazia, è vero, di fatto è stata messa momentaneamente da parte, e ci si augura di rivederla presto (semmai l'abbiamo vista), ma non è che con quella porcata di legge elettorale da loro voluta questo Paese brillasse per scelte democratiche: quindi di che stiamo parlando?
Monti è gradito alle banche. Certo, è stato messo lì apposta, ma se si è dovuti arrivare a questa scelta è perchè il loro tanto amato governo non ha fatto un accidente di niente per evitare di arrivare così in basso. Le manovre lacrime e sangue poi, a questo punto sembrerebbero inevitabili (ho seri dubbi in proposito), ma siamo sempre lì, se sono necessarie è perché il loro cacchio di governo ha brillato per immobilismo ed inefficenza.
Vale la pena sbattergli in faccia ad ogni occasione, ai Ferrara e compagnia, che negli ultimi dieci anni loro (loro!) hanno governato per otto anni, e se non sono riusciti a fare la loro cavolo di "rivoluzione liberale" è per via della loro (loro!) totale incapacità a fare alcunché. Facciano mente locale e ripensino ai casini combinati anche solo in una cosa semplice semplice come presentare le liste elettorali alle ultime regionali: e questi qui avrebbero dovuto fare le tanto sbandierate riforme epocali? Via dai, siamo seri....
Ora, io non sono affatto contento della piega che hanno preso le cose, sarebbe stato meglio tornare a votare, ma col cacchio che vado ancora a mettere croci se prima non cambiano la legge elettorale! Inutile anche dare addosso all'opposizione, che sta appoggiando praticamente senza veti l'esecutivo che andrà a formarsi: c'è qualche pazzo disposto a prendersi la responsabilità di un eventuale fallimento dell'Italia? Non lo ha fatto il Pdl, dovrebbero farlo Pd e Terzo Polo? Via, c'è poca scelta, e ripeto, se siamo arrivati a questo dobbiamo ringraziare quelli che hanno sostenuto il buffone per tutti questi anni, aspettando poi cosa non si sà.
Riguardo a Monti, i dubbi ci sono e restano tutti, ma intanto ci si accontenta di vedere all'angolo il Bandana e la sua cricca, poi si vedrà. Chiamala consolazione da poco, per ora basta e avanza.

domenica 13 novembre 2011

A scoppio ritardato (ovvero Scusate, ma ero troppo preso a festeggiare)

Allora, ieri sera non ero a portata di mouse, ma ho seguito in diretta televisiva ciò che è successo a Roma. Ho accompagnato mentalmente quell'auto blu con caimano incorporato da casa sua a casa di quello che conta più di lui. Ho atteso pazientemente che qualcuno, finalmente, dicesse le parole che aspettavo da tre anni e mezzo. E quando le ho sentite, belle, chiare, precise, "si è dimesso", il primo pensiero è volato qua. Su ciò che accadrà dopo ci si penserà da domani: anche se sulle macerie, oggi è stata festa.

The Pogues - Fiesta

venerdì 11 novembre 2011

Padroni e sotto

La sensazione di molti, compresa la mia, è che stiamo passando se non dalla padella alla brace, di certo da una padella a un'altra. Una sensazione che attraversa in maniera trasversale la società, a volte in modi che non ti aspetti.
Comprensibile la preoccupazione di chi si posiziona più a sinistra, che vede con l'arrivo di Mario Monti il sistema bancario e finanziario che prende direttamente le redini del Paese bypassando i pupazzi politici tutti, dimostratisi abbondantemente non all'altezza del ruolo in teoria assegnatogli: escludendo ipotesi complottiste di nuovi ordini mondiali, semplicemente salvaguardare i profitti privati a scapito della collettività. La ricetta per uscire dalla crisi creata ad hoc d'altronde appare chiara: nuove manovre economiche improntate sui tagli alla spesa pubblica, privatizzazioni e liberalizzazioni a go go, riforme del lavoro e delle pensioni a tutto svantaggio dei soliti noti. Su una posizione critica verso un governo Monti ci si è messo pure Di Pietro, abile a fiutare il malcontento che gira specialmente in rete e dunque a caccia di consensi per le elezioni prossime venture da grattare all'area dei malcontenti di sinistra e dei legaioli delusi.
Contrari alle ipotesi di un governo più che altro tecnico anche i trombati ancora per poco al governo, per motivi all'apparenza simili, ma che nascono da presupposti diversi. In realtà è solo perché a fare profitti privati alla faccia della comunità vorrebbero continuare a farlo loro, così come hanno fatto per tutti questi anni. Ad ogni modo il giocattolo per loro si è rotto, ormai nella sostanza sono fuori dai giochi e la poca iniziativa politica che hanno gli è stata lasciata pro forma per grazia ricevuta da Napolitano, abile nel dare un colpo al cerchio (dei mercati internazionali) e uno, pesantissimo, alla botte dentro la quale è stato infilato Berlusconi.
Comunque un risultato per lo meno è stato raggiunto, levarsi dalle balle il Bandana (mi sbaglierò, ma sono ottimista: per me stavolta è finito davvero), ed è un vero peccato non poterne gioire più di tanto. Vale qui lo stesso discorso dell'altra volta, non è facile ballare sulle macerie, con l'unica consolazione che forse si incominciano a vedere chiaramente chi sono i padroni e chi i sotto, ed è un vero peccato sapere che quando i giochi vengono svelati è perché non serve più nasconderli.

Depeche Mode - Master And Servant (Live)

martedì 8 novembre 2011

Lo sfascio

Niente. Perde i pezzi, ma non si dimette. Lo hanno abbandonato tutti, Chiesa, industriali, commercianti, mignotte papponi e lacché vari, tutti, ma non si dimette. Lo hanno invitato a "fare un passo avanti" (chi ancora pensa che possa essergli mai interessato qualcosa di questo Paese), a "fare un passo indietro" (quanti ne vogliono prendere il posto), a stare fermo al suo posto (uno che non ho ancora capito se ci fa o ci è), "a fare un passo di lato" (Bossi e la sua truppa), ci manca che qualcuno gli chieda di fare la riverenza e la quadriglia è bella che fatta, ma non si dimette.
Ieri diceva: "non siamo attaccati alle cadreghe". Oggi, dopo aver preso atto di non avere una maggioranza in Parlamento (nessun dubbio: scritto nero su bianco!), decide di restare attaccato alla cadrega ancora per un po', il tempo di varare la legge di stabilità e magari infilarci dentro qualcosa che serva alle sue cacchio di aziende (Marina, Piersilvio e il Fedele Confalonieri sono mooolto preoccupati), e quindi -indovinate un po'- non si dimette. Non che le sue dimissioni cambino la sostanza delle cose, anzi, una sua caduta in questo momento può forse peggiorare la situazione, quindi prendere tempo, e far avvenire il passaggio in modo graduale, può essere positivo, almeno si spera.
L'Italia oggi è di fatto sotto tutela di un po' tutti quanti, Ue, FMI, da ultimi la BCE. Ci chiederanno, immagino, sacrifici di cui ancora non si è ben definita la portata, ma qualcosa mi dice che non sarà certamente uno scherzo uscirne indenni (per la Grecia non si è fatto lo stesso?), e chiunque si trovi a governare non ha altre strade che seguire le indicazioni che arrivano dall'estero. Dal punto di vista nazionale è assurdo constatare che mandato via il nano e la sua corte dei miracoli, che non meritano di rimanere al proprio posto per mille e un motivo, si manda via uno che nel suo immobilismo e nella sua incapacità ha paradossalmente garantito che questo Stato non fosse ancora completamente svenduto ai privati (le maggiori privatizzazioni in Italia sono state portate avanti da governi tecnici e da coalizioni di centro sinistra, sebbene le stesse sono le sole che in qualche modo sono riuscite a ridurre di poco il debito pubblico), e che in un suo modo contorto e certamente interessato ha cercato politiche energetiche diverse dai desiderata internazionali: insomma, stava sulle balle a tutti in campo internazionale perché non rispondeva adeguatamente ai comandi, non certo per la sua cialtronaggine e per lo sfascio etico e morale in cui ha precipitato il Paese tutto.
A questo punto restano poche strade praticabili per rimettere in sesto questo Paese. Mandare via il pagliaccio di Arcore è solo il primo passo, bisogna poi impedirgli di continuare a influenzare la politica e la società italiana: finché ha mezzi per farlo è certo che lo farà. Insieme a lui mandare via questa pseudosinistra di destra: la soluzione non è inseguendo le ricette liberiste e il dio mercato come pensano di fare i Bersani, i D'Alema, i Veltroni o (dio ce ne scampi) i Renzi. Trovare poi alla svelta una via d'uscita da un ingranaggio che finirà presto per incepparsi e travolgere tutto il mondo occidentale. Cose già sentite, tra l'altro. Servono ricette nuove, ma chissà che non sia il caso di riscoprire le vecchie.

sabato 5 novembre 2011

Ottimistico post

Siamo veramente nella merda. Lo capisci da tante piccole cose. Ad esempio dall'assenza, o meglio, dalla scarsa presenza sui blog del tema principale di questi giorni, la crisi finanziaria che investe l'Italia con conseguente nuova crisi nel suo governo. E' come se quello che sta accadendo avesse tolto le parole dalle tastiere di quasi tutti, in genere sempre molto celeri a cavalcare la notizia. Per dire, della morte di Steve Jobs ne hanno parlato tutti chi più chi meno, senza stare tanto a pensare che in fondo, andarsene all'altro mondo, è la cosa più naturale che si sia: capita, a tutti. Quando uno muore, o qualcosa muore, è in effetti più semplice parlarne. C'è un punto fermo, si tirano le somme. Sull'agonia che precede il trapasso è più difficile articolare discorsi, chi lo sa, forse per rispetto. Per l'Italia, paese in agonia, è lo stesso. Si è tutti qui ad osservare il malato che lentamente muore, vediamo i medici che gli stanno praticando terapie giragli attorno incapaci di somministrargli la cura giusta, sentiamo il battito d'ali degli avvoltoi che hanno cominciato a girarci sopra. I parenti, noi, fuori dalla stanza ammutoliti dall'assurdità della situazione, restiamo in attesa del grande evento, incapaci di proferire parola, aspettando il momento di sfogare la tensione.
Assurdo. Ecco, la parola giusta è questa qua, quello che sta accadendo è privo di ogni logica. Assurdo perché sappiamo bene che l'Italia ha risorse sufficienti per uscire dalla crisi, se solo gli si praticassero le terapie giuste. Da soli, senza l'aiuto del Fondo Monetario Internazionale che ha cominciato a metterci gli occhi addosso. L'Fmi, assurdo nell'assurdo, sembrerebbe essere stato invitato a farlo dal peggior presidente del consiglio della storia, come se l'organismo guidato dalla Lagarde fosse una qualunque agenzia di rating, e come se invece non si fosse mosso su pressioni di Francia e Germania, preoccupati per la nostra tenuta. Siamo commissariati di fatto, all'ultimo stadio prima del crollo (per capire gli effetti degli interventi del Fmi basta guardare all'Argentina di dieci anni fa e alla Grecia di questi ultimi).
Mentre l'Italia affonda, continuiamo con l'assurdo di un governo di pretoriani impossibilitati ad arrendersi dal vecchietto rincoglionito che a suo tempo ne aveva comprato le prestazioni, facilitando in questo modo gli attacchi speculativi contro di noi. Non gli si può certo dar torto, a chi ci attacca: onestamente, voi investireste in una Italia guidata da un senescente in evidente stato di confusione che comanda una massa di pecore zelanti, incapaci di pensiero proprio? Io, ne avessi, proprio no. E' ormai evidente anche ai sassi (era ora) che un problema nel problema ha un nome e cognome, Silvio Berlusconi, ed è altrettanto evidente che finché non leverà il disturbo gli attacchi al nostro Paese non cesseranno, anzi. Nonostante questo dobbiamo quotidianamente assistere alle farneticazioni mediatiche dei berlusconiani che tentano di minimizzare ogni cosa con frasi oltre il limite del ridicolo. Sostenere che non solo l'Italia è in crisi non attenua la gravità della situazione, ribadire che questo governo ha già messo in campo diverse manovre finanziarie (tutte inutili) come attestasto di merito è certificare la propria incapacità di far quadrare i conti, accusare l'opposizione di scarsa affidabilità è gettare fumo negli occhi, continuare a sperare in una fantomatica "rivoluzione liberale" è da folli, continuare a difendere l'indifendibile è da imbecilli.
Dunque siamo veramente nella merda, ma ad ogni modo, non credo che questo Paese possa fallire: il pagliaccio che governa dovrà a breve farsi da parte, che lo voglia o no, e questo allenterà la tensione. Ma è il dopo che mi preoccupa: occhio a chi sarà messo al posto di questi imbecilli. Sono già lì pronti con le parole magiche, privatizzazione, liberalizzazione, flessibilità, quando quello che bisognerebbe fare è l'esatto contrario, nazionalizzare, ricreare ricchezza comune, proteggere e garantire il lavoro di tutti. Il peggio, mi sa, sul fronte sociale, deve ancora venire.