sabato 31 gennaio 2009

Lobotomia

Da ieri sono ufficialmente entrato a far parte di questa lista, ed è una esperienza nuova per me. Finora i miei rapporti di lavoro erano cessati per mia scelta, sempre. Questa volta il motivo arriva da lontano, tanto lontano che non ti viene manco da incazzarti, o meglio, sei incazzato nero, ma non sai dove indirizzare la tua rabbia, talmente sono generalizzate e vaghe le colpe di tutto quello che sta accadendo.
Non so nel resto d'Italia ma qua a Torino si respira un'aria cupa e carica d'ansia, che il tempo fuori, quest' inverno freddo e grigio come da anni non si vedeva, non contribuisce a mitigare. Immagino sia qualcosa di molto simile a quello che si deve provare in tempo di guerra: quel vago senso di minaccia che non riesci a controllare, che ti entra sottopelle e che traspare nei discorsi di chiunque incontri.
Si lotta per restare a galla, con la consapevolezza di essere tutti contro tutti, da soli ad affrontare la Crisi, perchè è ormai evidente che in alto questa crisi non la si vuole affrontare. Le belle parole dette da chi ci malgoverna sono aria fritta, le altrettanto belle parole dette da chi dovrebbe, opponendosi, indicare la strada giusta, sono ancora più vaporose, e noi in mezzo, che non siamo meglio di chi ci guida, a cercare di capire come fare a sfangarla, al solito, da soli.
Questa crisi fà comodo a tanti, per motivi che mi sfuggono. Forse c'era solo bisogno di fermarsi, frenare una corsa diventata senza senso.
Si è innescato un circolo irreale, dove anche chi non è toccato direttamente si sente in dovere di sentirsi in crisi, così, per solidarietà. E' la cazzata suprema, perchè se anche chi può tirare avanti si ferma, blocca ancora di più il sistema, che è sì malato, ma è l'unico che abbiamo.
Penso alla Fiat, che solo un anno addietro dichiarava un utile di 2 miliardi di euro, e che oggi chiede aiuti di Stato (in pratica chiede aiuto anche ai 60mila esuberi che dichiara di avere, anche ai quattro volte tanto che lavorano nel suo indotto, anche a me che gravito come tutti qua nella sua orbita). Penso anche a gente che in crisi non è ma piange ugualmente miseria, e tutti a ricorrere alla Cassa Integrazione, a non rinnovare contratti in scadenza, tutti a ridimensionare le proprie aziende, in primis quelle banche causa prima di questo casino.
E' diventata l'occasione che aspettavano per ridiscutere in peggio le norme che regolano il lavoro, un modo per fregarti senza che tu te ne accorga, per creare nuovi assetti della società. Un modo per togliere anche i pochi diritti rimasti. Sono cose da sollevazione popolare, da scioperi di massa, da barricate nelle piazze, ma le stiamo vivendo come l'ennesimo spettacolo a cui assistiamo come se non ci riguardasse, come se stessimo guardando un pessimo telefim alla tele. Siamo seduti a guardare mentre ci operano. Anestetizzati lo siamo già, ora cominciano ad amputare.
Il risveglio non sarà indolore.

domenica 25 gennaio 2009

Game Over

Si è consumata l'ennesima scissione a sinistra; quel tre e rotti per cento che ancora hanno votato per Rifondazione Comunista si sono ulteriormente divisi, arrivando a questo punto ad avere meno peso politico del Sud Tirol Volk Partei.
Vogliamo ancora parlare di sinistra in Italia?
Della serie "Ma porca di quella porca..."

venerdì 23 gennaio 2009

Bugo - C'è crisi

Accordi e disaccordi

Anni fa lavoravo in una fabbrica del cuneese, piuttosto florida, trecento operai, due stabilimenti. Investimenti sbagliati le fecero dare il giro e per noi operaiacci solita trafila, cassa integrazione, mobilità, prepensionamenti. Per dire, so cosa significa ritrovarsi senza lavoro, ma al di fuori di quella fabbrica c'erano realtà solide e una economia nazionale che ancora tirava: questione di poco tempo e un altro posto da un'altra parte lo si trovava.
Oggi la vedo dura. Almeno qua nel torinese la crisi la vedi dappertutto, la senti nei commenti e nelle parole di chiunque lavori. Non ho i dati su quante ditte abbiano gli operai in cassa integrazione, e nemmeno su quelle che stanno chiudendo, ma sono tante, troppe.
E' sconfortante il fatto che oggi le ditte che chiudono non hanno fatto investimenti sbagliati. Hanno lavorato nell'unico modo possibile qua in Italia, a credito con le banche. Non c'è nessuno che lavori con i suoi soldi, chiunque è in debito con qualche istituto finanziario. Non chiedetemi perchè, ma a quanto pare conveniva così, questioni fiscali, stronzate del genere. Oggi si paga dazio. Le banche sopravvivono, le ditte chiudono. E' questa la realtà.
Intanto Governo e Sindacati hanno firmato l'accordo per la nuova contrattazione aziendale, ed è un nuovo colpo per chi lavora, oltre che un altro colpo diretto alla Cgil, ultimo residuato di una sinistra che fù. Perchè è ovvio che un accordo del genere andrà a tutto vantaggio delle aziende. Parliamoci chiaro, che cacchio di potere contrattuale può avere oggi un lavoratore nei confronti di una azienda che vuole assumerlo, o anche solo un lavoratore che vuole ricontrattare il suo stipendio, quando fuori dalla porta ci sono centinaia di aspiranti al suo posto di lavoro? La risposta che gli verrà data sarà "ringrazia che lavori".
il Ministro del Lavoro Sacconi, quello "relativamente preoccupato" per la situazione in essere, quello che come Ministro della Sanità ha di fatto impedito di mettere in atto la sentenza sul caso Eluana (è anche Ministro del Welfare: è il Trisminister) dice che con l'accordo "le parti (azienda e lavoratori n.d.a.) sono naturalmente portate a condividere obiettivi e risultati".
Ma vaffanculo, và.

martedì 20 gennaio 2009

Rouge on Tv

Questa sera, su ben due canali televisivi, stavano parlando del sottoscritto. Al principio non ci potevo credere, mica sono Fiorello, ma poi, ascoltando meglio, ho scoperto che, cacchio: era proprio cosi!
Sì, insomma, più o meno così, lì per lì non si capiva bene, ma sono sicuro che ero proprio io quello di cui parlavano, ci potete scommettere. Va beh, non pensate chissà cosa, non è che stessero usando nome cognome e soprannome, ma quello di cui stavano parlando Uolter su La7 e il suo ministro ombra Bersani a Ballarò, ebbene sì ero proprio io e non ci son cazzi!
Io. In televisione. Tsé!
I termini che hanno usato, se non ricordo male, sono stati più o meno "Fra poco ci saranno NonSoQuantiMila precari a casa perchè non gli rinnovano il contratto", aggiungendo che "A questi non sarà corrisposto nemmeno un euro", o qualcosa di simile, ma non è importante, è comunque indubbio che stessero indiscutibilmente parlando proprio di me.
Tutto subito mi son detto ascoltiamo, hai visto mai che dicano qualcosa che serva. Ma poi su La 7 la Gruber si è messa a parlare di non so che cacchio riguardo all'Imperattore, mentre a Ballarò han cominciato a parlare Casini e due sconosciuti in area Pdl, e lì ho spento, preferisco non ascoltare.
Non vorrei che la celebrità mi desse alla testa.

L' ultimo imperattore

L'Impera(t)tore oggi prende possesso della sua nuova residenza. Lo fa in maniera sobria, spendendo "solo" 150 milioni di dollari, alla faccia della crisi. Ormai tutta la politica Usa da molti anni si riduce a un carrozzone puramente spettacolare, tanto che fatichi a distinguere tra la cerimonia di insediamento del nuovo eletto e gli Mtv Music Awards, che tanto in entrambi ci trovi Beyoncè e gli U2, e di contenuti ne trovi più nella seconda manifestazione che non nella prima.
Il Bandana intanto è rimasto a casa; alla manifestazione manca dunque il comico, ma meno male. Una figura di merda in mondovisione sarebbe stato troppo pure per lui.

domenica 18 gennaio 2009

Sleepers

"L'uomo moderno vive nel sonno; nato nel sonno, egli muore nel sonno. Del sonno, del suo significato e della parte che ha nella vita, parleremo più tardi, ora riflettete soltanto su questo: che cosa può conoscere un uomo che dorme? Se ci pensate, ricordandovi nello stesso tempo che il sonno è la caratteristica principale del nostro essere, subito vi diverrà evidente che un uomo, se vuole realmente conoscere, deve innanzi tutto riflettere sulla maniera di svegliarsi, cioè sulla maniera di cambiare il suo essere."
Da "Frammenti di un insegnamento sconosciuto" P.D. Ouspensky (Astrolabio)


Mi è capitato a volte di ripensare a questa frase, letta anni fa, che per qualche motivo mi è rimasta impressa e che di tanto in tanto fa capolino nella mia mente.
In effetti facciamo cose senza senso.
Ci si sveglia e chi più chi meno ci si precipita sui luoghi di lavoro, dove la maggioranza di noi fa cose che rifuggono dalla propria volontà. Durante la giornata compiamo atti, prendiamo decisioni che solo apparentemente sono nostre, viviamo l'illusione di vivere per tutto il tempo in cui rimaniamo svegli e quando a sera ci addormentiamo in realtà non facciamo altro che proseguire quello che già stavamo facendo.
A volte, raramente, capita di vivere la sensazione strana della consapevolezza, ed è una emozione che fatichiamo a riconoscere. Capita quando viviamo per pochi istanti, forse indipendenti dalla nostra volontà, per qualche strana alchimia, la sensazione reale del vivere. E' come se, in quell'istante, dicessimo a noi stessi: "sono io e sono qui" e non ci riconoscessimo, anzi, a volte ne siamo spaventati più che stupiti. Sono quei momenti di forte emozione che inconsciamente continuiamo a cercare e a rifuggire nello stesso tempo.
Credo che al mondo ci siano pochissime persone realmente consapevoli di quella che è la loro vita, credo che alla maggior parte di noi capiti di pensare che in realtà è altro quello che si vorrebbe per se stesso, eppure continuiamo a fingere di essere realizzati, soddisfatti, contenti, e di avere in mano le sorti del nostro destino, mentre in realtà non facciamo altro che seguire meccanicamente un'onda che non dipende da noi.
Nel nostro intimo sappiamo di essere nati per altro, che dovremmo cercare altro, che il nostro scopo è un altro. Eppure giorno dopo giorno conduciamo una esistenza morbida, sonnolenta, un tran tran che lentamente ci ingloba e ci appiattisce, e non riusciamo a far nulla, nonostante a volte ci proviamo, per cambiare le cose. Diamo la colpa a eventi esterni a noi, la società, la vita moderna, mentre invece siamo noi a crearcela, giorno dopo giorno, anno dopo anno.
In una parola, dormiamo.

Pensieri di mezzanotte

Mi capita a volte di leggere su qualche blog amico post che trasudano esperienze dolorose, vite spesso sofferte, percorsi travagliati. Difficilmente lascio un commento. Limite mio, difatti invidio un poco quanti trovano le parole giuste per star vicino a qualcuno, che pure non si conosce. Dire che mi sentirei ipocrita nel farlo non è vero, la verità è che proprio non trovo le parole, anche se spesso conosco bene di cosa stanno parlando.
Da queste parti in passato diciamo che se ne è passate delle belle, per usare un eufemismo, e ci si è sentiti come nella canzone sotto. Ma è appunto passato, e a volte ringrazio quelle esperienze, perchè senza sarei diverso e non so se vorrei esserlo.
So poche cose, ma so che si vive di esperienze e che sono uniche per ognuno. Che impariamo solo da noi stessi e da quello che ci capita, che quello che ci viene detto dagli altri non sempre serve a farci capire, tocca viverle, e che chi non ha mai provato dolore non potrà mai riconoscerlo in qualcun'altro. E so che la vita, dopo, ci sembra sempre migliore.
Dedicato a quanti del dolore si sentono re.

Alanis Morrissette - King of Pain (The Police Cover)

sabato 17 gennaio 2009

Non è un paese per atei

Dunque gli AteoBus sono stati fermati ancor prima di partire. A quanto pare la concessionaria degli spazi pubblicitari della società di trasporti genovese ha deciso di non concedere lo spazio all'Uaar (qui trovate il comunicato stampa dell'associazione e qui le motivazioni della mancata concessione).
Ed è di oggi anche la notizia che la clinica Città di Udine, che avrebbe dovuto accogliere Eluana Englaro e dove si sarebbe dovuto sospenderne l'alimentazione forzata (dando corso alle sentenze emesse da Cassazione, Corte d'Appello e Corte Costituzionale), si è tirata indietro, per paura di ritorsioni (!!!) da parte del Ministero della Salute.
Chi aveva qualche dubbio sul potere della Chiesa in Italia è servito.

mercoledì 14 gennaio 2009

Bus attack

C'è linkato in questo blog, tra gli avvistati, pure il sito dell' Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti che tanto sta facendo discutere in questi giorni per l'iniziativa degli AteoBus, come è stata definita la campagna pubblicitaria che recita come slogan:
"La cattiva notizia è che Dio non esiste. Quella buona, è che non ne hai bisogno".
La lodevole iniziativa è nata per sensibilizzare l'opinione pubblica sul problema della laicità in Italia, oltre che per dare visibilità all'associazione, che esiste e opera da diversi anni e in cui tra gli altri figurano personaggi come Piergiorgio Odifreddi, Sergio Staino e Margherita Hack (qui).
Sappiamo tutti che la Chiesa, dalle nostre parti, ha un peso e una ingerenza che ha pochi eguali nel mondo, e conosciamo bene la sua brutta abitudine, anzi la pretesa, di ficcare il naso nelle faccende private dei cittadini, di un altro Stato tra l'altro.
Lo dico subito, io non sono iscritto all'associazione, anche se per molte cose ne condivido le idee. Non lo sono per scelta mia personale, perchè non credo nelle associazioni, in nessuna. Ritengo che esaurita la spinta iniziale prima o poi finiscono per perdere di vista il motivo per cui sono nate e alla fine si mantengono in vita solo per perdurare loro stesse. Preferisco quindi mantenere salda la mia individualità e riservarmi di cambiare idea, se e quando ne ho motivo, senza dovermi sentire legato a una ideologia o a qualsiasi struttura. Per dirla in breve non credo nella coerenza come virtù fondamentale, se questa ti vincola a qualcosa a cui non credi più.
Tornando all'iniziativa dell' Uaar, ripeto, la trovo lodevole. Quello che mi lascia perplesso è lo slogan scelto, che trovo opinabile per come è stato scritto.
Innanzitutto mi chiedo perchè l'affermazione della notizia che "Dio non esiste" deve essere "cattiva"? Per un ateo non è nè buona nè cattiva, semplicemente è così, Dio non esiste punto e basta. Dare una attribuzione alla notizia rivelatrice di un fatto implica che si sia dimostrato in qualche modo quanto viene affermato, anche se in verità bisognerebbe partire dalla dimostrazione della sua esistenza, cosa che per ovvi motivi nessuna Chiesa è mai riuscita a fare. Messa così è come se si fosse dimostrata la non esistenza di Dio e se ne dà notizia, definendola "cattiva", mentre sappiamo che così non è. Era molto meglio affermare che Dio non esiste e basta, dunque.
E, continuando, perchè il fatto di non aver bisogno di questo padreterno di cui si nega l'esistenza deve essere una "buona notizia"?
Sono cresciuto in una famiglia cattolica praticante, che ha sempre seguito i precetti della Chiesa ma senza i fondamentalismi e i bigottismi di alcuni cristiani. Più che seguire certe scempiaggini dettate dal Clero hanno sempre seguito il buon senso dato del messaggio cristiano, che potete dire quello che volete ma è un messaggio di amore, di tolleranza e di rispetto per gli altri, per tutti gli altri. So per certo che se tutti seguissero alla lettera i pochi veri messaggi di Cristo staremmo certo tutti meglio, perchè già solo il messaggio fondamentale, ama il prossimo tuo come te stesso, su cui si basa tutta la religione cristiana, basterebbe a eliminare il novanta per cento dei problemi umani.
Il problema non è Dio, il problema è la Chiesa, che pretende di esserne portavoce, e pretende di essere depositaria dell'unica verità esistente, e si arroga il diritto di dire cosa bisogna fare e cosa invece non bisogna. Quindi non sono così certo che il fatto di non aver bisogno di Dio sia una cosa buona, perchè invece ci sarebbe un gran bisogno che il suo vero messaggio venisse seguito, specialmente da quanti professano in suo nome. Ma attaccare frontalmente la Chiesa sarebbe stato troppo, anche per personaggi così in vista, per cui si è ritenuto forse preferibile attaccare qualcosa che non esiste, o di cui, meglio, non si può accertare l'effettiva esistenza.
Per cui, per concludere, l'iniziativa dell'Uaar è buona, darà visibilità a una causa giusta, pretendere uno stato laico, ma laico veramente. Speriamo che il tutto non venga disperso nelle solite polemiche che accompagnano questo genere di iniziative.

martedì 13 gennaio 2009

Into the house

Cosa può mai spingere una persona a tentare quelle che una volta sarebbero state definite delle avventure, spingendosi in territori impervi e pericolosi, in condizioni disagiate e fuori dai percorsi comuni? Me lo chiedevo lo scorso sabato sera assistendo alla proiezione del reportage, davvero molto bello, della spedizione condotta da Carlo Alberto "Cala" Cimenti (il suo blog), alpinista piemontese, sulla vetta del Manaslu, in Nepal, ottavo dei quattordici ottomila del nostro pianetello.
La risposta ovviamente non la so, e mai la conoscerò di persona, vista la mia naturale propensione a non uscire al di fuori del confine dato da un collegamento adsl, oltre che dalla mia atavica pigrizia che mi fa preferire comode poltrone a letti fatti di neve.
E' già stato tanto per me indossare le ciaspole e salire sino ai 1915 mt del rifugio Troncea, sopra Pragelato (che già il nome...), dove ho, assieme alla mia bella e a una combriccola di nuove conoscenze, pernottato, per poi ridiscendere il giorno successivo.
Siamo stati fortunati. Il tempo era splendido e neanche tanto freddo, e la vallata dove ci siamo inerpicati è veramente splendida, anche se più frequentata di via Roma a Torino un sabato qualsiasi.
Comunque ci si chiedeva cosa spinge alcune persone a tentare esperienze al di fuori dei limiti umani (salire su un ottomila è al di fuori) e la domanda mi ha fatto tornare alla mente il film dello scorso anno Into the Wild. La ricorderete, la storia di Chris McCandless, il ragazzo americano che stufo della società moderna abbandona tutto e tutti e ha la brillante idea di rifugiarsi in Alaska, da solo, in pieno inverno. Praticamente un genio, difatti ci lascia le penne, ma al di là di questo tragico dettaglio il ragazzo mi stette simpatico, anzi lo invidiai pure un pochetto (non per averci lasciato le penne, per la decisione in sè). Pensa come deve essere abbandonare burocrazie e automobili, vivere di espedienti e lavoretti, mettere da parte due soldi e partire, ovviamente a piedi o in autostop, zaino in spalla e tuffarsi nella natura, vivere tutte le sue stagioni dal caldo al freddo, incontrare gente che come te ha deciso di uscire dalla società.
Ma anche senza arrivare a questi estemi magari fare come Cala Cimenti e quelli come lui, inerpicarsi su per gli ottomila dove non osano manco le aquile. Te lo vedi, il Rouge, zaino in spalla a far cordata nelle neve? Non è una bella immagine, ma perchè no? In fondo siamo tutti umani, no? E se lo fanno loro...
Penso tutto questo mentre sono seduto sul divano di casa, ammazzacaffè in mano, lo stereo acceso, a due metri dal termosifone. Fuori fà un gelo che non ti dico e non ho manco voglia di uscire a fumare per non beccarmi i geloni alle dita.
Mi sa che per questo inverno me ne sto ancora a casa, vah. Ma in primavera....

Eddie Vedder - Hard Sun (Into The Wild o.s.t.)

mercoledì 7 gennaio 2009

Egalité

Ora che sappiamo che al ministro delle Politiche Sociali, del Lavoro, nonchè della Salute Maurizio Sacconi, il fatto che a dicembre ci sia stato un aumento vertiginoso del ricorso alla cassa integrazione da parte delle imprese italiane (per la sola cig ordinaria del 525 %) non desta che una "relativa preoccupazione", siamo certo molto più tranquilli. Che poi "relativa" a cosa non si sa bene. Magari relativa alla chiusura totale delle imprese, forse, oppure alla cassa se fosse stata straordinaria. Forse è proprio "relativa" alla seconda prospettiva, certo più preoccupante. Dimentica però il ministro alcune cose. Dimentica che in molti casi la cassa ordinaria non è che il preludio a quella straordinaria, preludio a sua volta di licenziamenti, che a nessun datore di lavoro piace veder fallire la propria impresa (almeno ai datori onesti), che prima di farla fallire si cerca in ogni modo di evitarlo e tra i mezzi a disposizione c'è proprio la cassa integrazione. Dimentica soprattutto che la cassa ordinaria prevede una retribuzione pari all'80% della propria paga e comunque nella maggioranza dei casi non superiore a 858 euro mensili (la cifra pattuita per il 2008). Al ministro dunque preoccupa relativamente il fatto che milioni di lavoratori, che già dovevano fare i salti mortali per far quadrare i conti, debbano rinunciare al 20% del proprio stipendio, che per cifre così basse vuol dire tantissimo.
Certo si dirà che in fondo pur non lavorando tutti i lavoratori in cassa sono comunque pagati.
Tu guarda la democrazia come ci rende tutti uguali: ai nostri ministri capita la stessa cosa.

martedì 6 gennaio 2009

Salmodia

Tornato, di nuovo. Il rientro a casa questa volta è stato più cercato del solito. Mentalmente e fisicamente avevo bisogno di casa, questa casa, da vivere in pieno anche se solo per poche ore. La mente è una brutta bestia se non sai come staccarla. Puoi essere lontano centinaia di chilometri da te, dalle cose che ti circondano, ma se la mente ti trattiene non serve a nulla viaggiare. Non ho mai creduto a quanti mi dicevano viaggio per evadere, puoi evadere anche dal divano di casa tua, se solo sai come farlo.
L'anno nuovo è arrivato, arrivato bene. Se passare un buon capodanno è di buon auspicio allora questo non può che essere un buon anno, se ascolto le voci di dentro che a furia di urlare stanno perdendo volume, diventando un suono rauco e indistinto, allora sarà un buon anno.
Ho voglia di cose, di realizzare cose. Le ho in testa, premono per uscire, da tempo, e da tempo qualcosa le trattiene, non conosco il motivo. Forse ha a che fare col fatto che le cose accadono quando devono accadere (fateci caso), ne prima ne dopo, solo e sempre al momento giusto. E il momento difficilmente lo si sceglie. Accade, semplicemente. Tutto quello che possiamo fare è prepararci e desiderarlo e, credetemi, non è poco.

venerdì 2 gennaio 2009

Aria

Ok, è stato un anno di merda, fanculo il 2008! Lo ricorderemo questo è certo, almeno noialtri sinistroidi, come l'anno della scomparsa di quella cosa che ancora abbiamo dentro e che prima o poi (cazzo!) verrà certo fuori, e allora vedrete, cosa intendevamo. Lo ricorderemo come l'anno della Grande Crisi, reale o presunta, o meglio indotta, che siamo costretti a vivere e che ci trascineremo ancora per non si sa bene quanto. Come l'anno del ritorno di quel nano in bandana che avevamo sperato potesse essere stato messo in disparte (ma non che ci credessimo poi tanto), e che invece è ancora lì, sempre più lì, purtroppo.
Ma l'anno è finito, e niente impedisce di credere che il prossimo non possa essere migliore, basta volerlo. E io, vaffanculo, voglio proprio crederci, e sperare che una volta nella vita le cose possano andare finalmente bene.
Si torna a galla. Questo è certo.

Talking Heads - Once in a Lifetime