A Berlino ci sono stato (no, non con Bonetti) un paio d'anni dopo che la breccia si era aperta, ed era davvero un po' triste e molto grande. Arrivammo in treno e scendemmo all'est, un po' per errore e un po' per scelta, in una mattinata grigia di pioggia e di fumo. Ci colpì l'atmosfera tetra della Hauptbahnhof (quella vecchia, quella di oggi è un'altra) con le volte in metallo pesante non verniciato, la mancanza di luce sufficiente, l'addetta alle informazioni che non conosceva altre lingue oltre al tedesco e al russo, l'odore pungente di pessima benzina che ci investì non appena uscimmo, i giovani punk appena fuori lo Zoo.
Prendemmo stanza in un enorme complesso poco fuori la città, a sud, probabilmente una ex caserma riconvertita in albergo: tante stanze arredate alla meglio, corridoi semivuoti e bagno in comune. Costava poco.
Si notava ancora in Berlino la differenza tra ciò che era stato e ciò che avrebbe potuto essere, erano ancora due mondi differenti a contatto per quanto già le cose stavano velocemente cambiando. La penombra, di luce e di sentimento, della parte est ancora resisteva nei quartieri popolari, coi lampioni che mal illuminavano le vecchie Trabant e Skoda parcheggiate sui ciottoli delle vie fuori casa.
Mangiammo una sera salsiccie patate e birra in una taverna color legno nel sobborgo che ci ospitava, dove ci servirono pane nero preso direttamente dal congelatore. Colpa nostra che lo richiedemmo, da loro non usava. Ai tavoli pochi vecchi dall'aria di chi ne aveva viste tante, e noi, giovani italiani che ancora non avevano visto niente.
Ci devo tornare a Berlino, prima o poi.
Prendemmo stanza in un enorme complesso poco fuori la città, a sud, probabilmente una ex caserma riconvertita in albergo: tante stanze arredate alla meglio, corridoi semivuoti e bagno in comune. Costava poco.
Si notava ancora in Berlino la differenza tra ciò che era stato e ciò che avrebbe potuto essere, erano ancora due mondi differenti a contatto per quanto già le cose stavano velocemente cambiando. La penombra, di luce e di sentimento, della parte est ancora resisteva nei quartieri popolari, coi lampioni che mal illuminavano le vecchie Trabant e Skoda parcheggiate sui ciottoli delle vie fuori casa.
Mangiammo una sera salsiccie patate e birra in una taverna color legno nel sobborgo che ci ospitava, dove ci servirono pane nero preso direttamente dal congelatore. Colpa nostra che lo richiedemmo, da loro non usava. Ai tavoli pochi vecchi dall'aria di chi ne aveva viste tante, e noi, giovani italiani che ancora non avevano visto niente.
Ci devo tornare a Berlino, prima o poi.
4 commenti:
Come tour operator ti consiglio Marte, Lei di Berlino ne è autenticamente innamorata...
Sì, ho letto da lei.
Andare a Berlino assolutamente prima.
E tornarci poi per restare ancora stupiti.
E ancora non capire che giorno è.
sono stato a berlino l'anno scorso ed è sempre un po' triste e molto molto grande
forse meno punk, ma sempre affascinante in uno strano perverso modo
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