domenica 3 aprile 2011

A volte vorrei che fossimo l'America

A volte vorrei che fossimo l'America, gli Stati Uniti intendo. Poche volte, per carità, ché mi pare che da quelle parti abbiano più difetti che pregi, ma è una visione dal di fuori la mia e in verità non saprei davvero giudicare. A volte vorrei che fossimo l'America per un motivo molto banale: da loro una storia come quella di Tiberio Mitri sarebbe diventata una pellicola di successo nel giro di niente. Non so se sarebbe stato un bene o un male, di certo so che la sua è stata una storia, una vita, che neppure il più fantasioso degli sceneggiatori avrebbe avuto il coraggio di proporre. Infanzia in un collegio, internato dai tedeschi a San Sabba, dopo la guerra diventa pugile professionista. Campione italiano dei pesi medi a ventidue anni, europeo a ventitre, a ventiquattro tenta il mondiale contro Jake La Motta, il Toro Scatenato raccontato da Scorsese. Ne prende tante e perde, ma resiste comunque per quindici riprese. Intanto ha sposato Miss Italia, da cui si separerà dopo averci fatto un figlio (che morirà poi di overdose), ridiventa campione europeo per soli cinque mesi. Appende i guantoni a trentuno anni, nel 1957, e si dedica al cinema (è anche ne La Grande Guerra di Monicelli) e ai fotoromanzi. Fa la bella vita, alcool e cocaina che gli causeranno un paio di arresti, da una attrice americana ha un'altra figlia, che morirà di aids. Gli ultimi anni lo vedono a Roma vivere non proprio nell'agiatezza, fino alla morte, avvenuta nel 2001 travolto da un treno in corsa. Soffriva di stati confusionali, dovuti sia ai traumi del suo passato pugilistico che a quelli, dicono, dei suoi vizi. Non si saprà mai se su quei binari ci andò coscientemente. Ecco, una storia così meriterebbe più di una puntata de La Storia Siamo Noi, seppure validissima, e della solita fiction su raiuno ("Tiberio Mitri: Il campione e la miss") con Luca Argentero e Martina Stella (fiction fatta peraltro bloccare dagli eredi per questioni di diritti), che, almeno a giudicare dal trailer, credo si soffermi solamente sulla storia tra i due giovani belli famosi e invidiati. Non dico nulla, non l'ho vista (anche perchè non l'hanno ancora trasmessa), ma credo che nella storia personale del pugile triestino ci sia molto di più da raccontare e non certo in chiave da fotoromanzo. E' per questo che a volte vorrei fossimo l'America: qualcuno laggiù in Tiberio Mitri forse ci avrebbe visto qualcosa di più.

2 commenti:

Hassan Bogdan Pautàs ha detto...

E infatti è una storia che non conoscevo. In compenso, temo di sapere quasi tutto di Rocky Balboa. Ovvero, oggi posso vivere senza televisione, ma non senza i tuoi post :)

Rouge ha detto...

Esageruma nen :)