sabato 22 ottobre 2011

Different ways

Uff, testa rintronata da troppo sonno. Ho rivisto la luce all'una e mezza del pomeriggio solo perché svegliato dal rientro a casa della mia bella, ma avrei volentieri continuato a dormire: dieci ore di sonno filato non mi sono sembrate sufficienti a smaltire la stanchezza di due settimane di risvegli lavorativi. E' che i miei bioritmi sono tarati su latitudini altre, rendo al meglio tra pomeriggio e sera, e tirar tardi è la cosa che più mi piace, anche se non posso più permettermelo. Il mattino, per me, non ha l'oro in bocca.
Ieri notte ho fatto tardi perché mi sono inchiodato al televisore, raitre, Fuori Orario, a guardare il documentario datato 2008 di Philip Davis Guggenheim, It Might Get Loud, documentario sulla chitarra elettrica vista dai rappresentanti di tre generazioni di chitarristi, Jimmy Page, The Edge e Jack White. Non lo avevo mai visto tutto, giusto qualche spezzone qua e là, e l'ho trovato veramente ben fatto. Ne viene infatti fuori un discorso che va al di là della musica in sé, dell'approccio strettamente legato allo strumento e alla sua evoluzione, ma tocca il tema più ampio del cambiamento generazionale e delle difficoltà legate al proprio tempo. Se un Jimmy Page, espressione degli anni sessanta/settanta assurto a mito per ciò che ha introdotto (mito pure per chi non ti aspetti, basta guardare gli occhi dei suoi due colleghi), ha avuto il merito di aver aperto una strada ricevendone molto in cambio, e se un David Howell Evans detto The Edge ha proseguito il discorso negli anni ottanta/novanta, affinandolo, ricevendone in cambio molto di più (moltissimo di più, se andiamo a vedere il fatturato degli U2), un John Anthony Gillis aka Jack White, espressione degli anno zero, ha dovuto invece faticare non poco per trovare una propria dimensione, sperimentando (usando chitarre riadattate o di scarso valore) e cercando strade alternative, tra cui una ricerca esasperata del look come mezzo per arrivare a più gente possibile. Indovinate un po' a chi vanno le mie simpatie.

4 commenti:

Blackswan ha detto...

Documentario bellissimo e purtroppo non adeguatamente distribuito (in Italia, ovviamente ).Tre stili diversi, tre diversi approci alla musica,tre grandi musicisti.Ma quando Page prende in mano la chitarra gli altri due restano attoniti.Un motivo ci sarà...

Rouge ha detto...

@ Blackswan: quella scena l'ho trovata bellissima: due allievi col maestro.

Lucy ha detto...

Jimmy Page! Jimmy Page! Un monumento vivente ;)

Rouge ha detto...

@ Lucy: oh già!