Novembre mi riporta sempre indietro nel tempo, ho delle associazioni fisse ormai. Novembre è un me stesso giovanissimo, quattordicenne, che legge divorando castagne rannicchiato in poltrona un fumetto di Toppi senza sapere che è disegnato da quel grandissimo che è ancora Sergio Toppi. Fuori c'è nebbia, quella nebbia che ormai non si vede più neanche da quelle parti e che rimpiango, a volte.
Strana cosa la memoria. Per dire, Alive dei Pearl Jam per me è San Sebastian-Donostia, non novembre ma agosto, estate 1993, io e il Cosma (ciao bello) nella più improbabile coppia ad andare in vacanza assieme. E' il Monnezz Tour II, riedizione dopo quattro anni dei venti giorni in giro per l'Europa in treno, Germania Francia Spagna d'un fiato, ritorno con quindicimila lire in tasca in due. Dal secondo viaggio, dritti in Spagna questa volta in macchina, il ricordo per me indelebile dell'ascolto di tre ragazzi sui trenta annni, basso chitarra e batteria, in una piazza del centro che suonano solo pezzi strumentali, la voce la fa il pubblico. Alive è cantata in coro da decine di accenti di differenti nazioni, dopo tocca a Killing in the Name, Rage Against the Machine, e questi tre a torso nudo e capelli lunghi la suonano paro paro e delle parole proprio non c'è bisogno, che nella mente di tutti c'è la voce di Zack De La Rocha e tanto basta. Ed è buffo ricordare questi tre giovani, le cui fattezze ho scolpito in testa, di cui non so nulla e mai ne saprò, e pensare che loro manco lo immaginano di vivere in costante giovinezza nella mia mente.
Strana cosa la memoria. Per dire, Alive dei Pearl Jam per me è San Sebastian-Donostia, non novembre ma agosto, estate 1993, io e il Cosma (ciao bello) nella più improbabile coppia ad andare in vacanza assieme. E' il Monnezz Tour II, riedizione dopo quattro anni dei venti giorni in giro per l'Europa in treno, Germania Francia Spagna d'un fiato, ritorno con quindicimila lire in tasca in due. Dal secondo viaggio, dritti in Spagna questa volta in macchina, il ricordo per me indelebile dell'ascolto di tre ragazzi sui trenta annni, basso chitarra e batteria, in una piazza del centro che suonano solo pezzi strumentali, la voce la fa il pubblico. Alive è cantata in coro da decine di accenti di differenti nazioni, dopo tocca a Killing in the Name, Rage Against the Machine, e questi tre a torso nudo e capelli lunghi la suonano paro paro e delle parole proprio non c'è bisogno, che nella mente di tutti c'è la voce di Zack De La Rocha e tanto basta. Ed è buffo ricordare questi tre giovani, le cui fattezze ho scolpito in testa, di cui non so nulla e mai ne saprò, e pensare che loro manco lo immaginano di vivere in costante giovinezza nella mia mente.
7 commenti:
Di stagioni ne abbiamo attraversate, noi..loro..ma ci sono cose più forti del tempo stesso.
E la musica, fatta di cariche ed emozioni, resiste indelebile.
ps: I paesi baschi da Donostia a Gernika, da Vitoria-Gasteiz a Bilbo li ho attraversati con loro nelle orecchie, si vede che il posto proprio gli si addice :)
E vai coi ricordi, Bilbao 2006, un cantiere a cielo aperto, gru dappertutto. Ma che figata il Guggenheim!
2008, Bilbao e il Guggenheim: una fatica impressionante!
Letto, apprezzato e vado a documentarmi meglio. Un post utile per la crescita. E non scherzo.
Concordo con Marte: certe sensazioni trascendono il tempo.
@ Gap: della barba, immagino :)
Affatto, il post ognuno poi lo vive e traspone con i propri di ricordi pensando ad una certa musica.
I Rage per il sottoscritto sono associati ad una stranissima giornata che doveva portare ad un concerto in quel di Milano...
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