Ve ne racconto una. Lavoravo anni fa, era l'87/88, in una fabbrica piuttosto grande considerata la zona. Particolari auto, circa trecento dipendenti, lavoro su tre turni, quattro settimane di ferie ad agosto e una a fine anno, paga tutto sommato buona, straordinari pagati, maggiorazioni turno più che buoni, tutto a posto. Lavoro pesante, potete immaginare, ma tutto sommato ancora accettabile: possibilità di imparare qualcosa meno che zero, ma se ti accontentavi di fare la scimmietta in mezzo alle macchine utensili senza pensare a cosa facevi poteva andare benissimo. Verso il 93 0 il 94, non ricordo bene, la ditta va in crisi per colpa di alcuni investimenti sbagliati e comincia la trafila per noialtri operai: cassa integrazione, mobilità, insomma quelle cose lì. Per tutto il periodo della cassa integrazione ordinaria, quella dove tutto sommato non ci rimetti molto e che in genere è concordata un tot al mese a rotazione (coi sindacati), il sottoscritto è comandato a lavorare, nonostante avessi fatto presente che essendo ancora a casa con i genitori potevo anche permettermi di guadagnare di meno, e quindi, se volevano, potevano lasciar lavorare chi in teoria ne aveva più bisogno. Non volevano, o non c'era chi ne aveva bisogno, va a sapere.
C'è da dire a questo punto che all'epoca ero abbastanza un rompicoglioni, e non le mandavo a dire sulle cose che non andavano li dentro, tipo aumenti di produzione e robe simili (quindi, se all'epoca si fosse potuto licenziare per motivi finti economici in realtà disciplinari, di certo sarei stato messo alla porta, ma c'è da dire due cose: uno, non avrei pianto; due, me lo sarei meritato). Ma andiamo avanti. Quando scatta la cassa integrazione straordinaria, quella a zero ore dove guadagni parecchio meno, mi lasciano a casa tutto il tempo tranne le due settimane delle feste di natale (che combinazione!), poi vado in mobilità e non rivedo la fabbrica per oltre un anno. Nel frattempo la ditta viene acquistata da una cordata di soci ex impiegati dell' azienda stessa facendo un accordo con i sindacati e una banca locale (dello stesso paese del sindacalista che ci seguiva) dove sono girati i nostri crediti dell'inps e dove noi siamo in pratica obbligati ad aprire un conto. Probabile che fosse tutto legale, non mi interessa e non interessava a nessuno: l'importante all'epoca era salvare il posto di lavoro. Lo salvammo, e dopo un po' cominciarono a richiamare il personale lasciato a casa (tranne quelli prepensionati e quelli che nel frattempo avevano trovato altro). Io, che pure avevo trovato altro da fare, mi intestardii e aspettai il momento di rientrare: in pratica furono obbligati a riprendermi, perché non avrebbero potuto assumere gente nuova se prima non richiamavano tutti i vecchi ancora disponibili.
Prima della "crisi" lavoravo al tornio, due macchine manuali, due operazioni, un particolare finito. Quando rientrai avevano associato alle due macchine una macchina automatica (non scendo in dettagli: chi ha lavorato in fabbrica sa di cosa parlo), quindi quattro operazioni, due particolari finiti. Considerato che la produzione richiesta sulle manuali era stata abbassata di poco, in pratica nello stesso tempo gli facevamo quasi il doppio del lavoro, il tutto senza una lira di aumento.
Siccome ero un rompicazzo feci presente la cosa al responsabile sindacale, chiedendo che siccome stavamo rimettendo in piedi la baracca producendo quasi il doppio di prima allo stesso prezzo, che almeno ci fosse un ritorno per noi in busta paga. Il responsabile sindacale, che nel frattempo aveva fatto carriera passando da operaio a capoturno, quindi teneva sia le riunioni sindacali che quelle dirigenziali (un bel conflitto di interessi in piccolo), mi rispose che "da altre parti era pure peggio", che "ormai il lavoro anche in altre ditte era così", che "se vuoi stare sul mercato bisogna fare così", e "ancora grazie aver salvato il posto". La mia risposta fu restituire la tessera sindacale e cominciare ad attivarmi per andare via da lì.
Poi, vabbeh, è andata come è andata.
C'è da dire a questo punto che all'epoca ero abbastanza un rompicoglioni, e non le mandavo a dire sulle cose che non andavano li dentro, tipo aumenti di produzione e robe simili (quindi, se all'epoca si fosse potuto licenziare per motivi finti economici in realtà disciplinari, di certo sarei stato messo alla porta, ma c'è da dire due cose: uno, non avrei pianto; due, me lo sarei meritato). Ma andiamo avanti. Quando scatta la cassa integrazione straordinaria, quella a zero ore dove guadagni parecchio meno, mi lasciano a casa tutto il tempo tranne le due settimane delle feste di natale (che combinazione!), poi vado in mobilità e non rivedo la fabbrica per oltre un anno. Nel frattempo la ditta viene acquistata da una cordata di soci ex impiegati dell' azienda stessa facendo un accordo con i sindacati e una banca locale (dello stesso paese del sindacalista che ci seguiva) dove sono girati i nostri crediti dell'inps e dove noi siamo in pratica obbligati ad aprire un conto. Probabile che fosse tutto legale, non mi interessa e non interessava a nessuno: l'importante all'epoca era salvare il posto di lavoro. Lo salvammo, e dopo un po' cominciarono a richiamare il personale lasciato a casa (tranne quelli prepensionati e quelli che nel frattempo avevano trovato altro). Io, che pure avevo trovato altro da fare, mi intestardii e aspettai il momento di rientrare: in pratica furono obbligati a riprendermi, perché non avrebbero potuto assumere gente nuova se prima non richiamavano tutti i vecchi ancora disponibili.
Prima della "crisi" lavoravo al tornio, due macchine manuali, due operazioni, un particolare finito. Quando rientrai avevano associato alle due macchine una macchina automatica (non scendo in dettagli: chi ha lavorato in fabbrica sa di cosa parlo), quindi quattro operazioni, due particolari finiti. Considerato che la produzione richiesta sulle manuali era stata abbassata di poco, in pratica nello stesso tempo gli facevamo quasi il doppio del lavoro, il tutto senza una lira di aumento.
Siccome ero un rompicazzo feci presente la cosa al responsabile sindacale, chiedendo che siccome stavamo rimettendo in piedi la baracca producendo quasi il doppio di prima allo stesso prezzo, che almeno ci fosse un ritorno per noi in busta paga. Il responsabile sindacale, che nel frattempo aveva fatto carriera passando da operaio a capoturno, quindi teneva sia le riunioni sindacali che quelle dirigenziali (un bel conflitto di interessi in piccolo), mi rispose che "da altre parti era pure peggio", che "ormai il lavoro anche in altre ditte era così", che "se vuoi stare sul mercato bisogna fare così", e "ancora grazie aver salvato il posto". La mia risposta fu restituire la tessera sindacale e cominciare ad attivarmi per andare via da lì.
Poi, vabbeh, è andata come è andata.
2 commenti:
Certo che di cose da raccontare e sulle spalle ne hai molte. E le dici bene, è l'ultima volta che te lo scrivo altrimenti ti monti la testa.
Comincio ad averci una età, pure se non mi pare vero. Comunque i complimenti fanno sempre piacere. Non smettere :)
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