Lo so che ci sono cose più importanti di cui parlare, ed è vero, in fondo le vicende pallonare sono marginali nel bailamme di notizie che arrivano da tutte le parti.
Un allenatore esonerato a due giornate dal termine nell'ex campionato più bello del mondo (qualifica strettamente autoreferenziale) non ha lo stesso peso di, chessò, l'incontro Obama-Netanyahu, ennesimo atto di una commedia che va avanti da sessanta anni, oppure, per restare nei nostri confini, delle motivazioni dei giudici al processo Mills, dove si dice che l'avvocato inglese fu corrotto da chi sappiamo, oppure ancora il peso degli scontri che stanno avvenendo dall'altra parte della città.
Eppure anche un episodio marginale come la cacciata di Ranieri dalla panchina della Juventus dà l'idea del mondo in cui stiamo vivendo. Esonerare un tecnico comunque terzo in campionato con una squadra composta per metà da campioni ma per metà da mezze figure (e i campioni possono avere cali di rendimento, le mezze figure difficilmente assurgono a campioni), che ha retto comunque fino a un mese fa, che ha avuto chissà perchè mezza stampa contro (forse perchè non è Mourinho, non dà soddisfazione) senza che la società intervenisse decisamente in suo sostegno, come pure nelle scaramucce con i giocatori, normali in uno spogliatoio come in qualsiasi ambiente di lavoro, dove la società si è fatta beatamente i fatti propri, esonerare quel tecnico si diceva è la conferma che il cosidetto "stile" è definitivamente morto, non solo nella associazione col nome Juventus, ma in senso generale. Se sopravvive da qualche parte è proprio nel tecnico romano, che per due anni lo ha portato avanti nonostante il mondo in cui lavora.
Ai dirigenti bianconeri si ricorda che non basta avere il doppio cognome per essere signori, bisogna non necessariamente nascerci ma dimostrarlo, e Ranieri, modestamente, lo ha dimostrato. Peccato sia rimasto il solo.
Un allenatore esonerato a due giornate dal termine nell'ex campionato più bello del mondo (qualifica strettamente autoreferenziale) non ha lo stesso peso di, chessò, l'incontro Obama-Netanyahu, ennesimo atto di una commedia che va avanti da sessanta anni, oppure, per restare nei nostri confini, delle motivazioni dei giudici al processo Mills, dove si dice che l'avvocato inglese fu corrotto da chi sappiamo, oppure ancora il peso degli scontri che stanno avvenendo dall'altra parte della città.
Eppure anche un episodio marginale come la cacciata di Ranieri dalla panchina della Juventus dà l'idea del mondo in cui stiamo vivendo. Esonerare un tecnico comunque terzo in campionato con una squadra composta per metà da campioni ma per metà da mezze figure (e i campioni possono avere cali di rendimento, le mezze figure difficilmente assurgono a campioni), che ha retto comunque fino a un mese fa, che ha avuto chissà perchè mezza stampa contro (forse perchè non è Mourinho, non dà soddisfazione) senza che la società intervenisse decisamente in suo sostegno, come pure nelle scaramucce con i giocatori, normali in uno spogliatoio come in qualsiasi ambiente di lavoro, dove la società si è fatta beatamente i fatti propri, esonerare quel tecnico si diceva è la conferma che il cosidetto "stile" è definitivamente morto, non solo nella associazione col nome Juventus, ma in senso generale. Se sopravvive da qualche parte è proprio nel tecnico romano, che per due anni lo ha portato avanti nonostante il mondo in cui lavora.
Ai dirigenti bianconeri si ricorda che non basta avere il doppio cognome per essere signori, bisogna non necessariamente nascerci ma dimostrarlo, e Ranieri, modestamente, lo ha dimostrato. Peccato sia rimasto il solo.
2 commenti:
Nonostante detesti il calcio, esso è gioco - specchio del paese. basta scureggiare il telvisione per essere credibili. La dignità del lavoro silenzioso è cibo per i fessi. Odiavo Prezzolini, da ragazzo. Ora lo apprezzo come grande preveggente. Non posso cambiare il paese da solo, andando per le strade con un cartellone. Preferisco implodere. Riuscirò a guardarmi allo specchio. Penso che anche Ranieri lo farà domattina, senza alcuna vergogna.
@ Favo: a me il calcio piace, ma il calcio vero, giocato, non le chiacchiere da tv o da bar.
Ci sono troppi soldi in ballo, come in tutto del resto, e questo condiziona qualsiasi attività, primo fra tutte il calcio.
Riguardo al cambiare il paese da solo e all'implodere sono con te, perchè è quello che faccio quotidianamente, ma non è forse lì l'errore? Non so te, ma quando ancora avevo la voglia e la forza di incazzarmi e di essere polemico, forse non cambiavo nulla, ma di certo campavo meglio.
Un saluto.
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