sabato 25 febbraio 2012

Figli dei tempi

Poi uno la sera cazzeggia, e si ritrova ad essere il quasi sessantun milionesimo visitatore del video della cover di una canzone di cui fino a poco tempo prima ignorava praticamente l'esistenza. Scopre così la presenza sul web di un gruppo di canadesi che da tempo mettono in giro cover di una certa qualità (e a me le cover piacciono sempre un sacco), tanto nella musica che nei video (tipo qua, o qua). Grazie alla cover di Somebody That I Used to Know, che li ha fatti spopolare sul Tubo, i ragazzotti hanno finalmente firmato un contratto con una major, la Columbia Records, e da qui in poi si vedrà. Che ad un ascolto veloce quando fanno cose loro non sembrano certo dei fenomeni, però tanto di cappello nell'aver saputo venir fuori sfruttando quello che offrono i tempi moderni.

Walk off the Earth - Money Tree

venerdì 17 febbraio 2012

Come in una fiera dell'est

Ci sono stati giorni in cui ho davvero avuto voglia di lavorare. Non sono questi. Per dirla tutta non lo sono da un bel po'. Non so se è solo colpa mia. Forse sì, ma è dovuto a uno scazzo più generale, o almeno io lo noto in tanti. Sarà questo clima di crisi oramai perenne in cui ti costringono a vivere a fartela passare la voglia: d'altronde che ti sbatti a fare, se tutto ciò che ti è concesso è far girare il mese e ancora grazie? Dice, devi trovare dentro te gli stimoli: bello, vero. Ma, e se uno li cerca e non li trova? Lavoro da venticinque anni, sempre sotto altri, tranne una rara parentesi. Ecco, la rara parentesi. Quella era stimolante. Dice, allora fai quello: bello, vero. Ma, e se uno si è già giocato il jolly, quello della serie "se-non-lo-faccio-adesso-non-lo-faccio-mai-più", con una buona dose di coraggioso "o-la-va-o-la-spacca" che a cosa fatte, anni di mazzo inutile dopo, ha come risultato dato "la-spacca"? Hai voglia a dire fai quello, ché l'hai già fatto quello. La sola idea di rifarlo, per quanto te lo risogni tutte le notti un lavoro così (bello, soddisfacente, gratificante, guadagno zero, debiti tanti ma gratificante), ti fa venire tutta una serie di pensieri tra il vorrei ma non posso (più) frustranti come quelli di un eunuco in un harem. Che oggi il periodo è quello che è, le mie tasche sono quelle che sono, il conto in banca è da lasciamo perdere, e c'è il dentista da pagare, la macchina da cambiare, il debito pregresso da appianare, e c'è il lavoro attuale che nonostante mille rassicurazioni resta precario, e c'è l'età che mannaggia avanza, e c'è che ormai sono da anni fuori dal giro, insomma tanti etc etc etc che sommati l'un l'altro ti portano a una roba che assomiglia maledettamente a una -non vorrei usare il termine, ma per comodità conviene chiamare le cose col loro nome- depressione. Ma le mie depressioni sono sotto controllo da lustri, che mi freghi una volta poi basta, quindi quella matassa informe tutta collegata di pensieri che diventano aspirazioni, che diventano desideri, che diventano progetti, che si trasformano in velleità, che rimangono sogni, che si trasformano in frustrazioni, tutta una fiera dell'est che è sempre lì che gira e girando diventa energia che non sai dove mettere, e finisci per buttartela addosso in variegati autolesionistici modi che passano sotto il nome di psicosomatismi di cui si è diventati col tempo esperti e maestri (dimmi dove hai male, ti dirò chi sei). Ma non puoi lamentarti, che dice c'è gente in giro che sta peggio, ed è qui che si chiude il cerchio: ti puoi manco lamentare, cazzarola!
E allora dice che fai? In apparenza niente, si aspetta che la voglia di lavorare ritorni. In realtà provi e riprovi a districare e dare corpo alla matassa di cui sopra. Spezzare il cerchio, avverrà prima o poi (i pensieri sono sostanza in embrione), anche se quarantaquattro primavere hanno insegnato che sembrerà non dipendere da te. O forse non ci si riuscirà e si rimarrà intrappolati nel circolo viziosissimo fatto di pensieri-aspirazioni-desideri-progetti-velleità-sogni-frustrazioni, come oggi, a volte di più a volte di meno. Forse a voi non sembrerà, ma pure questo è vivere.

mercoledì 15 febbraio 2012

Modelli

Il computer dell'ufficio ha deciso di lasciarci, così, senza un perché, per stanchezza, penso. Da un po' di tempo faticava all'avvio (il freddo, penso), ci metteva sempre quel minuto in più, giorno dopo giorno, sempre più stanco di accendersi e cominciare a macinare dati (la vecchiaia, penso), tanto che dovevo insistere più e più volte a riavviarlo (testardo, io). Lui abbozzava. Inizialmente si rifiutava, ma poi, sfinito, finiva per ripartire. Finchè, l'altro giorno, non ne ha più voluto sapere di lanciare windows, versione ancora xp, obsoleta come lui. Ed è rimasto lì, muto, senza ulteriori spiegazioni, quasi a dirci "e mò voglio proprio vedere chi la vince!". Ha vinto lui. Ora è lì, in un angolo. A riposarsi, penso.
Aveva questo pc da un po' di anni caricato uno sfondo che a me piaceva, un Superman disegnato da Alex Ross, ma alla lunga tutto stufa e l'ho cambiato. Ché 'sto alieno dotato di superpoteri a guardarmi dall'alto in basso, di continuo, a ricordarmi che schifezzine che siamo tutti quanti al contrario di lui così perfetto e inarrivabile cominciava a darmi sui nervi. Avevo bisogno di qualcosa di più umano, di più avvicinabile, più terra terra, più in linea con i tempi che corrono. Ci ho messo il Drugo e Walter Sobchak. Come modelli attualmente li preferisco.

domenica 5 febbraio 2012

Confessione (di un malandrino)

Sono lì, fuori, al gelo di questo strano inverno a fumare una sigaretta, e all'improvviso mi balena alla mente una immagine, un Angelo Branduardi che sorride e suona, e non so bene quale sia stata l'associazione di idee che me l'ha fatta arrivare, ma ormai è lì. Sarà che mi ricorda inverni lontani e sarà stato il freddo, penso, e la neve ghiacciata ai bordi delle strade e sui tetti, ché nei miei ricordi gli inverni sono sempre stati innevati da novembre a marzo inoltrato, e il freddo era freddo più o meno come adesso, sempre. Un inverno in particolare, neve e freddo come oggi, io nella mia stanza, avrò avuto quattordici anni, ascolto musica e leggo, non c'era molto altro da fare, e lo stereo del fratello grande restituisce note che per me sono anche qualcosa di più. Una emozione particolare, il cantautore preferito, già da qualche anno, ché d'altronde sembrava fatta apposta per i ragazzini quella sua musica. Un viaggio in un mondo parallelo, ecco cos'era, dove fate, streghe, buffoni di corte e signori medievali si mischiavano alle mie letture, fatte di fumetti già strapieni di fantasia, e mi restituivano una realtà diversa, più adatta alle mie corde.
E poi, poi è successo qualcosa, pochi anni dopo, qualcosa che me lo ha fatto lasciare indietro quel mio cantautore preferito. Non l'ho più seguito, di colpo, ma senza motivo apparente. Non ne ho perso le tracce, ho solo evitato di approfondire. Non so perché. Forse ero solo cresciuto, e crescendo sembrava brutto ammettere che le emozioni che dava erano troppo forti. Una cosa stupida a pensarci, perché ancora oggi io non sono cambiato (il cuore ed i pensieri son gli stessi), o almeno non così tanto. O forse inconsciamente ho voluto legarlo a quel periodo, chiuderlo in una bolla, tenermelo caro, perché il ricordo non sfiorisse, perché niente ne rovinasse il sapore. Una cosa ancora più stupida.
Continua a fare musica Branduardi, nel suo solito poetico modo, e io mi sono perso parecchio negli ultimi trenta anni: rimedieremo, in qualche maniera. Tra una settimana compie gli anni, già sessantadue. Auguri.


P.S.


Ci sono in rete alcune belle interviste a Branduardi, questa (in quattro parti) di qualche anno fa, quest'altra più recente. Da vedere.

Angelo Branduardi - Cogli la prima mela (Live'96)