domenica 31 ottobre 2010

Disarmonico

Tempo perfetto, fuori. Pioggia grigio e aria fredda come solo certe giornate di fine ottobre possono essere, clima adatto a ricordar trapassati e santi trapassati pure loro. Non è un caso, immagino, niente in fondo lo è a ben vedere. Poco importa, che l'animo vada in altre direzioni, con quella leggera esaltazione che solo il nuovo in arrivo può dare, l'incertezza di ciò che verrà a scuotere, in contrasto con la calma riflessiva che il tempo impone. Avrebbe dovuto esserci il sole oggi, sarebbe stato più in sintonia. C'è pioggia invece, e fatico a sopportarla.

Ann Peebles- I Can't Stand The Rain

giovedì 28 ottobre 2010

Trivial pursuit

C'è una domanda che da un po' di tempo mi pongo, di quelle talmente inutili che ti fanno quasi sentire in colpa quando si affacciano alla mente, ma che proprio per quella inutilità da trivia affascina e si ripropone periodicamente, spingendomi quando capita a ricerche oziose sul web nel tentativo di darmi una risposta: qual'è il brano musicale che vanta maggiori cover?
Superflua vero, come domanda? Ma cavoli, non è che uno può stare sempre lì a interrogarsi sui massimi sistemi, a domandarsi se il Pd dirà mai qualcosa di sinistra o a chiedersi chi ha corrotto David Mills. Insomma, il tempo è mio e lo butto via un po' come mi pare, no? E poi a me le cover piacciono. Per dire, mi piace Caro Emerald che rifa(*) Lady Gaga, Gary Jules che rifa Tears for Fears, Alanis Morrissette che rifa i Police, Giuliano Palma coi Bluebeaters che rifano (**) i Pretenders oltre a una fraccata di altra gente. Trovo a volte che le cover siano migliori degli originali, per quanto rimanga un fatto di gusto personale, e allora Korn meglio di Cameo, Ramones meglio delle Ronettes, Sinead O'Connor meglio di Prince, Bauhaus meglio di David Bowie, C.S.I. meglio di Franco Battiato e la lista potrebbe continuare a lungo, ma tornando alla inutile domanda iniziale la risposta è che probabilmente (il dubbio ovviamente rimane) la canzone più rifatta è Louie Louie di Richard Berry, un brano scritto nel 1955 e pubblicato due anni dopo con i Pharaos, rifatto ufficialmente più di 1200 volte.
La cosa non mi ha stupito più di tanto, visto che girando a muzzo sul tubo e scaricando sempre a muzzo dal mulo avevo notato come un sacco di gente si fosse cimentata con quel brano reso famoso dai Kingsmen nel 1963, la cui versione rimane per me ancora la migliore. Altre versioni apprezzabili: The Kinks, Iggy Pop, Motorhead, Blues Brothers, The Clash, Stanley Clarke, Beach Boys, la versione reggae di Toots and the Maytals, quella salsa di Mario Allison (che non so chi cacchio sia ma è una figata), e le prime versioni dei Wailers e di Little Bill and The Bluenote. Quello che non sapevo è che sulla canzone ci fosse un sito web dedicato e che persino l'Fbi se ne fosse a suo tempo occupata, investigando su eventuali oscenità contenute nella stessa (qui).
Ecco, ora che la risposta è stata trovata vi domanderete a cosa serve saperlo. In effetti a nulla. Un po' come sapere chi ha corrotto David Mills.

(*) Lo so che ci andrebbe l'accento, ma vivo in Piemonte......
(**) Idem come sopra

The Kingsmen - Louie Louie

martedì 26 ottobre 2010

Miopia

Ci sono vocaboli che nell'universo leghista pare non trovino spazio, almeno è quello che si può dedurre leggendo certe dichiarazioni del Governatore della Regione Piemonte ("Le borse di studio solo ai piemontesi!") nel passaggio da uno studio televisivo all'altro, dove è certo più facile trovarlo che in Piazza Castello. Uno di questi vocaboli è "investimento", inteso come impiegare risorse finanziarie in operazioni che diano frutti in futuro, ne consegue che anche la parola "futuro" sia alquanto sconosciuta, almeno quel futuro che va oltre le prossime scadenze elettorali e visto in senso lato, come qualcosa che si spera migliore e a cui tendere, il che detto tra noi dovrebbe essere alla base del mestiere di politico prima e di amministratore poi. Ed è strano per un leghista, radicato come dicono sul territorio e legato alla terra in senso anche contadino, che non si conosca il concetto di "semina", che implica impiantare qualcosa oggi per raccogliere un domani, cosa che -ogni buon contadino lo sa- non è detto che avvenga: diciamo che si semina e si spera che tutto vada bene. Ovvio che se non si semina nulla è difficile che si raccolga qualcosa, o se si semina una sola varietà in continuazione sullo stesso terreno prima o poi si avranno raccolti scadenti, ma evidentemente certi ragionamenti forse sono troppo complicati per chi è costretto a dialogare con sodali ruttanti e mostranti dita medie.
Sarà il clima da bambole non c'è una lira che imperversa su tutte le strutture pubbliche italiane a tirare fuori certe esternazioni, per cui bisogna tagliare tagliare tagliare (ma sempre in tema bucolico non si è mai visto un contadino che risparmi sulle sementi), o il vizio di parlare all'elettorato a ogni piè sospinto tanto per fargli vedere che il governare non li ha cambiati e loro sono sempre loro (e dicono le stesse sciocchezze di sempre), ma certe esternazioni sanno proprio di miopia congenita che porta a non vedere oltre il proprio naso, o il proprio cortile, come preferite. Perchè è vero che la Regione Piemonte è una delle poche che garantisce contributi a chiunque purchè idoneo e meritevole ma proprio per questo attrae molti studenti dal resto della penisola oltre che dall'estero, uno su tre infatti arriva da fuori regione. Questi studenti affittano alloggi piemontesi, comprano da mangiare in negozi piemontesi, si divertono in locali piemontesi, quando tornano a casa parlano ai conoscenti dei luoghi in cui studiano e magari questi altri decidono pure di venirci in vacanza, in poche parole portano soldi al Piemonte in misura certamente maggiore di quello che il Piemonte gli da. Poi studiano, e magari se si sono sobbarcati la scelta non facile di vivere fuori sede saranno pure meritevoli, e magari una volta terminati gli studi decideranno di fermarsi nella regione che li ha ospitati portando il loro contributo ad aziende piemontesi, oppure porteranno solo la loro esperienza nei luoghi d'origine ma dando prestigio alle università del Piemonte.
Certo, si dirà, il telegenico governatore afferma "solo" che dovrebbero essere le regioni di appartenenza degli studenti a sobbarcarsi le spese della loro istruzione, e all'orecchio leghista ciò apparirà senz'altro cosa buona e giusta (tutto quello che dovrebbero fare gli altri suona bene all'orecchio leghista, quello che dovrebbero fare loro molto meno), ma non si capisce perchè la regione Puglia ad esempio (che talaltro ha dato i natali al padre del telegenico: non sapevo avesse anche sangue meridionale) dovrebbe sborsare soldi che non si vedrà mai restituiti, in pratica seminare il campo del vicino tanto per restare in tema di paragoni rurali. A meno che non siano miopi sino alla cecità pure da quelle parti, ovviamente.

martedì 19 ottobre 2010

Il pane e le rose

Ci si arrabatta, in attesa di un ritorno a situazioni più congeniali. Siamo in tanti a farlo, ne vedo dappertutto. Li incontro ai colloqui di lavoro, dove per un posto ci si presenta in troppi, anche ai colloqui inutili come quello di oggi pomeriggio, un posto part time co.co.pro in un call center (mi son detto massì proviamo pure qua) dove per arrivarci hai le stesse spese di chi è impiegato ma lavori la metà e guadagni un quarto (bella l'Italia precaria che abbiamo costruito, ma vabbeh). Ne leggo i biglietti sparsi per la città, a offrirsi in lavori domestici a basso costo, ce ne sono dappertutto. E poi qualcuno ha il coraggio di dire che la crisi è finita! Sarà, ma non è che da queste parti se ne sono accorti in tanti.
Stamattina mentre dipingevo muri, per quel lavoretto aumma aumma che è saltato fuori a ridare fiato alle mie finanze, ho ripensato a tutte le mansioni che ho svolto da che avevo quindici anni e che mi hanno portato soldi, sempre pochi in verità. Alla rinfusa, molti presso una stessa ditta: falegname, fresatore, tornitore, operaio su ogni tipo di macchina utensile, attrezzista, carrellista, programmatore, magazziniere, autista, venditore di libri dischi e fumetti usati, libraio, fattorino, corriere, addetto vendite, gestore di un negozio, impiegato logistico, impiegato operativo trasporti, imbianchino, oggi pure muratore, per un po' di tempo pure disc jockey per puro scialo, ultimamente per un paio di occasioni inviato sportivo per un settimanale. Ecco, ho lasciato da parte soggettista e sceneggiatore ché per ora soldi nisba e contatti pochi, ma di cose ne ho già fatte parecchie e neanche poi male. Tutti questi lavori li ho lasciati per scelta personale, non mi ha mai cacciato nessuno. Li ho lasciati perchè uno ha il diritto di cercare di meglio e la paura di lasciare il certo per l'incerto non la sento più da un sacco di anni. Certo la situazione forse oggi sarebbe diversa se quando ero in fabbrica avessi detto sempre sìssignore, oppure se non mi fossi intestardito a inseguire un sogno un po' folle (pensa te, campare vendendo libri a fumetti, in una amena provincia del nord, il primo laggiù), se avessi poi avuto paura di trasferirmi in una nuova città per ricominciare tutto da capo (vita sentimentale compresa). Sarebbe stato diverso, ma avrebbe significato pensare solo all'aspetto materiale delle cose, senza peraltro avere la certezza di conservarle. Perchè alla fine nella vita il pane è importante, ma le rose lo sono ancora di più.

Mr. Hudson and the Library - Bread & roses

giovedì 14 ottobre 2010

Omonimie


Ah, ecco cosa mi ricordava!

Vedere o non vedere (questo è il problema)

"La televisione è come la merda. Bisogna farla ma non guardarla." Gianfranco Funari

Non guardo molta televisione, voglio dire, ne guardo il giusto, almeno credo. Di solito a pranzo un telegiornale o in alternativa il trittico American Dad - Griffin -Simpson quando li davano, oggi che danno altro è accesa ma non è che la segua con attenzione. Poi la sera di solito sono al computer, altrimenti cerco qualche film sui canali digitali Rai4 o RaiMovie o alla peggio Iris, in alternativa se c'è qualcosa di interessante scelgo RaiExtra o RaiStoria, che mi piacerebbe diventasse un canale di storia a tutto tondo e non solo storia del novecento in Italia attraverso le teche Rai. Se proprio non c'è nulla guardo niente. Il calcio, quello sì.
Scanalo molto solitamente, e mi capita di passare sulle reti generaliste ma non mi ci soffermo quasi mai: o c'è merda o dopo qualche minuto qualcuno comincia a litigare con qualcun'altro e allora giro. Onestamente trasmissioni come Anno Zero, Ballarò, L'Infedele, Matrix, Exit, Omnibus, Otto e Mezzo, L'ultima Parola, Porta a Porta, In Onda, Niente di Personale, pure Che tempo Che Fa e Parla Con Me, pure e mi dispiace Report e Presa Diretta mi hanno frantumato i coglioni.Insomma, non se ne può più, basta, smettetela, si è passato il limite: non è uno show, non è un reality, è vita vera quella su cui ci si avventa per trasmetterla fino a confondere il confine tra ciò che è reale e ciò che è spettacolo.
Qui mi aggancio a un bel post cannibale di Marco sullo stesso tema e di cui in qualche maniera avevo gia parlato qualche settimana fa. Come ho detto commentando da lui a pensarci il confine è stato superato da un pezzo, oggi se ne vivono gli effetti. Mediaticamente parlando Avetrana non ha niente di diverso da Cogne o da Perugia, il recupero dei minatori in Cile sembrava l'Isola dei Famosi, le immagini del pugno dato nella metro romana non ha niente di diverso da Real Tv a parte la mancanza del sottofondo musicale in stile Frankie Goes to Hollywood e del commento del Bagatta di turno. La differenza tra ciò che è reale e ciò che è reality è diventata sottilissima e non si capisce più dove comincia l'uno e finisce l'altro. E come ho già detto da Marco mi preoccupa una cosa: quando arriverà il momento in cui anche questa realtà vera solo perchè passata attraverso la televisione smetterà di avere effetto e ci si sarà assuefatti, oltre cosa c'è?

martedì 12 ottobre 2010

Natural Born Pirla

Su Rai Uno nazionalisti serbi travestiti da tifosi mandano in vacca una partita di calcio e se la litigano con poliziotti in assetto antisommossa (*); su Rai Due la premiata ditta Elio Maionchi Tatangelo Ruggeri se la litiga attorno agli starnazzi di una banda di aspiranti canterini; su Rai Tre a Ballarò Ignazio Marino se la litiga con una pidiellina che non ricordo come cavolo si chiama.
Spengo e metto sul lettore il dvd di Natural Born Killers. E' meno violento.

(*) Il commissario tecnico Prandelli dichiara: "Una roba mai vista" (fonte Televideo). Strano, eppure all'Heysel nell'85 giocò pure lui.

Banksy Simpson

Foto e video © 20th Century Fox
Pare che la Fox non abbia gradito quello che è venuto fuori dalla partecipazione di Banksy alla realizzazione della parte finale della sigla dei Simpson, quella che varia a ogni puntata per intenderci. L'anonimo graffitaro britannico ha approfittato dell'occasione per toccare un tema di cui si parla troppo poco, lo sfruttamento minorile in particolare nei paesi asiatici, cavalcando la notizia che la casa di produzione americana ha deciso di spostare parte della produzione della popolare serie a cartoni animati in Corea del Sud.
Il fatto che la Fox abbia chiesto prontamente la rimozione da YouTube del video che ha cominciato a circolare subito dopo la messa in onda della puntata domenica scorsa (per violazione del copyright, non dovesse più vedersi provate qua), non gioca certo a favore del colosso americano che immagino sarà certamente fuori da queste logiche di sfruttamento. Quindi perchè indignarsi?
.

giovedì 7 ottobre 2010

Tra le righe

Il Bandana, a margine dell' incontro Italia-Cina:
"Come noi i governanti cinesi sono fautori della politica del fare e preferiscono affrontare i problemi concreti piuttosto che irrigidirsi su questioni di principio."
Alle questioni di principio immagino appartengano le violazioni dei diritti umani in Cina contro cui il Parlamento Europeo ha approvato una risoluzione a gennaio di quest'anno.
Mi chiedo se ogni tanto si rende conto di quello che gli esce dalla bocca.
No, vero?

lunedì 4 ottobre 2010

Cronache da Altroquando

Vignetta di PV

In verità l'Altroquando ha data e luogo precisi e io volevo farci un post su 'sta cosa accaduta ieri a Palermo, ma si direbbero le solite cose e non ne ho più voglia. Per cui giudicate voi (pure leggendo qui e qui).

domenica 3 ottobre 2010

Le cose cambiano, Charlie Brown

Non l'ho mai amato particolarmente, Charlie Brown, pur avendo letto in passato una marea di raccolte dei Peanuts che ieri hanno compiuto 60 anni. Un fascino strano, quello emanato dal bambino dalla testa rotonda e dalla sua cerchia di amici, dato da un universo sempre uguale a se stesso, immutabile negli anni, dove l'aquilone di Charlie è fagocitato inevitabilmente dall'albero, Schroeder suona costantemente il solo Beethoven su un pianoforte solo e sempre giocattolo, Lucy è sempre antipatica, Pig Pen è sempre sporco, Linus aspetta per l'eternità il Grande Cocomero stringendo la fida coperta. Un mondo cristallizzato che gira costantemente su se stesso, sempre uguale e chiuso alle novità, destinato a rimanere tale per volontà dell'autore che al momento della morte avvenuta dieci anni fa ha vietato espressamente nuove produzioni delle sue creature. Niente a che vedere con il mondo in movimento seppure lento di Mafalda, per rimanere in tema di universi visti con occhi bambini, dove qualche novità a volte arrivava a spezzare la monotonia della situazione e dove, diciamolo pure, la comicità era più evidente: dove Quino strappava risate, Schultz a malapena regalava sorrisi.

E' in pratica Peanuts uno scorcio di esistenza ripetuto all'infinito, dove nulla o quasi esce mai dalle righe di una storia già scritta e da tutti vissuta almeno una volta nella vita, confortante però nella sua voluta staticità. Conforta sapere che al contrario di Charlie siamo riusciti ad agganciare prima o poi la ragazzina dai capelli rossi, che una volta almeno abbiamo lasciato il campo di gioco da vincitori, che abbiamo riposto nell'armadio la coperta e che abbiamo imparato a suonare anche melodie diverse. Il paragone col mondo Peanuts segna il passaggio con la vita adulta e per questo Charlie e banda ci sono necessari, ma detto questo sfugge però il motivo per cui continuiamo a rimanerne legati e a leggere e rileggere le storielle di quel mondo. La risposta sta tutta il quel "quasi nulla" che sfugge dalle righe di una storia già scritta, sta in Snoopy, il "quasi nulla" che sfugge, l'unica variabile della serie nelle sue diverse incarnazioni: pilota d'aerei da caccia, capo esploratore comandante di improbabili boy scout, scrittore incompreso ma testardo, ballerino, conquistatore di cuori, oppure cane/amico affezionato, semplicemente, come ci si aspetterebbe. Snoopy nella serie è l'unico adulto in un mondo di bambini, il più imprevedibile di tutti nella varietà dei suoi vissuti. Il più umano di tutti, probabilmente.

venerdì 1 ottobre 2010

Tempi moderni

Che a pensarci è del 2001 l'ultima volta in cui il primo e unico ascolto di un gruppo mi ha fatto fiondare a comprarne il disco, a scatola quasi chiusa, senza restarne deluso, consumandolo anzi nell'ascoltarlo per settimane di fila e poi ancora a distanza di anni. Oggi al limite corro a scaricarlo dal Mulo. Non è proprio la stessa cosa.

The Strokes - The Modern Age