lunedì 31 gennaio 2011

Sedici righe di nulla

C'è questa cosa di non riuscire a levarsi di dosso un circolo diventato vizioso che non vi sto a spiegare, perchè dovrei dilungarmi in catene di eventi cominciate anni addietro, tanti quanto basta per arrivare a coinvolgere natali e parenti sicuramente ignari ma non per questo colpevoli, e nella necessità di dover trovare una spiegazione facile facile ritrovarsi a buttarla sul destino cinico e baro, che però per consuetudine o maturità ha smesso di essere utile balla già da parecchio e dove "purtroppo" o "per fortuna" sono solo valutazioni secondarie. Per cui la faccenda diventerebbe lunga e noiosa e la tralascio, ché d'altronde la biografia che ne viene fuori ha dell'interessante solo per chi la sta vivendo, o l'ha vissuta, o la vivrà, e forse si è in tanti ma certo non disposti ad ammetterlo, perchè preservarsi è la regola scritta in nessun codice genetico ma applicata con metodica inconsapevole costanza, sempre, da chiunque.
E dunque occorre tirar fuori l'asso dalla manica, per spiegarsi quattro ore di imbarazzante nulla pomeridiano improduttivo e un po' confuso in cui si è passati dall'intraprendere al lasciar perdere in numero considerevole e a velocità costante, tanto da porsi interrogativi tanto seri quanto inutili che confermano la tendenza giornaliera all' inconcludenza e la voglia, smisurata, di una coperta che avvolga e nasconda tutto. Puoi sempre dar la colpa al lunedì, non un frenetico lunedì, solo più piovoso del solito e non aiuta, quando c'è da dare un giro di vite a tutto quanto.

Urban Species ft Imogen Heap - Blanket

domenica 30 gennaio 2011

Gli incutiti

Uolter scrive a Repubblica: "Sarebbe bello se in uno stesso giorno, in una stessa ora, in tutti gli ottomila comuni italiani, i cittadini si riunissero nella piazza centrale per dire giriamo pagina, ritroviamo l'Italia (...). Senza bandiere e comizi in modo da accelerare etc etc".
Poi uno dice che ce l'ha con loro, sempre a picchiare su di loro, sempre a trovargli i difetti e le magagne, sempre a dargli addosso, sempre a bastonarli. Ma come cacchio si fa? Se ne sono accorti che mezza Italia si è già mobilitata, che mezza Italia ha capito che il momento per dire basta è ora e solo ora, che aspettare ancora significa consegnargli tutto ma proprio tutto, che sono già in fase di organizzazione manifestazioni senza bandiere e comizi e che il PD se vuole sopravvivere deve farsi carico di tutto quanto e non limitarsi a racimolare firme?
"Sarebbe bello".... Ma svegliatevi, va!

Bloodhound Gang - Why's Everybody Always Pickin' On Me?

sabato 29 gennaio 2011

L'amaca del Villaggio

Che io ogni tanto, così, tanto per farmi male, vado a leggere sull'internet quello spreco di caratteri messi insieme un po' alla cacchio che è Libero (lo confesso, a volte pure il Giornale), perchè c'è questa curiosità della serie chissà che dicono i destrorsi che a volte ti piglia e perchè sentire l'altra campana è terapeutico in virtù del fatto che ti ricorda immancabilmente il motivo per cui tu in quella parte non ti ci riconoscerai mai, tiri insomma un sospiro di sollievo ogni volta.
Stavolta non è arrivato un sospiro ma la constatazione di quanto sia difficile dover scrivere per quella testata. Questo dopo aver letto l'articoletto in apparenza schizofrenico scritto da Paolo Villaggio (sì, Fantozzi, proprio lui) in cui prima loda Roberto Saviano per ciò che ha detto a proposito delle primarie napoletane del Pd, poi però, cinque righe intili dopo, pare cazziarlo per aver dedicato la sua laurea ai giudici di Milano, oltre che per non essere nato, pare di capire, nel 1920 o giù di lì e dunque non aver fatto la tragica seconda guerra mondiale, unico metro di paragone per meritarsi l'appellativo di eroe. L'altra sua grandissima colpa (di Saviano) sarebbe quella di vivere in Italia "scortato di tutto punto", dunque insieme ai giudici nello stesso "bunker ben protetto della democrazia" da dove, si sa, è facile battersi "per la libertà di pensiero e per i prigionieri politici sudamericani arabi e africani" , perché "se avesse detto e scritto le stesse cose da quelle parti, lo avrebbero fatto fuori". Sembra sfuggire all'ormai ex comico che lo scrittore è sotto scorta proprio perchè ha detto e scritto cose per cui lo avrebbero fatto fuori, non in sudamerica paesi arabi o africani ma a Casal di Principe (Caserta, Italia), ma posso perdonarglielo, in fondo anche a me sfuggono tante cose, ad esempio il motivo per cui è sotto scorta Emilio Fede, e poi perchè non penso sia stata una dimenticanza. Lo si capisce nelle ultime righe dove batte il record mondiale di accostamenti ad minchiam, prendendolsela direttamente con i giudici di Milano che, dal bunker ben protetto della democrazia, "hanno esiliato Garibaldi a Caprera, trucidato Che Guevara, e fatto morire Craxi in Tunisia"! Peccato non abbia aggiunto l'aver dato 23 coltellate a Giulio Cesare, sparato da un deposito di libri a Kennedy e sganciato la bomba atomica su Hiroshima, si sarebbe capito meglio che in realtà parte del pezzo era ironico. Che fatica però! Per Michele Serra a Repubblica di certo è tutto molto più semplice.

venerdì 28 gennaio 2011

Sveglia (puttana eva)!

La Storia è cosa semplice, in genere si ripete sempre. Sebbene a leggere le cronache di questi giorni verrebbe da dar ragione a Marx, che la prima volta si presenta in tragedia e la seconda in farsa, in realtà la sostanza rimane immutata e ci si ritrova a vivere nuovamente qualcosa che si sarebbe potuto evitare. La domanda che ogni tanto arriva, retorica, su chissà come viveva la gente comune l'avvento del fascismo, trova risposta in questi giorni: guardatevi attorno, viveva esattamente come noi, guardando dal basso ciò che avviene sopra le nostre teste nel silenzio complice e vigliacco di chi potrebbe dire e fare ma non dice e non fa. Certo con delle differenze. Qui, per ora, non ci sono manganellate e olio di ricino, non c'è confino e repressione violenta, chiusure di giornali e arresti di oppositori, la tessera e il saluto romano, ma non ci sono perchè non ce n'è bisogno, sono cose troppo evidenti: perchè usarle quando puoi ottenere gli stessi risultati con altri mezzi? E' un po' come la storia coloniale. I grandi Imperi abbandonano le terre che occupano nel momento in cui si rendono conto che hanno altri mezzi, meno dispendiosi ma più efficaci, per continuare a controllare e sfruttare quelle terre, esattamente come prima, anzi più di prima.
Tornando alla nostra storia attuale, che non interessa solo noi ma che pone interrogativi anche fuori dall'Italia, assistiamo attoniti allo scontro senza precedenti che si sta consumando fra poteri dello Stato. Vediamo, ma non da oggi, come si stia arrivando a destrutturare quello che è il nostro sistema democratico, assistiamo allo svuotamento di valori che dovrebbero essere condivisi, nella quasi totale indifferenza e nell'assoluta impotenza di chi non ha potere.
Mancano troppe cose. Manca chi riesce a raccogliere le tante voci di protesta che si alzano dal basso fino a farle diventare un coro, mancano le voci autorevoli di quella che una volta veniva definita società civile, perchè gli intellettuali in Italia son morti tutti, o dormono (*), o sono sul libro paga del novello regime, e la Chiesa e gli industriali hanno troppo le mani in pasta per tirarsene fuori puliti. Manca nella gente, instupidita da trenta anni di nulla culturale, confusa dalle mille voci che litigano e confondono, la consapevolezza di ciò che è accaduto e ancora accade, di come una politica criminale si è fatta Stato e governa piegando le leggi a proprio favore. Manca la volontà di lasciarsi alle spalle una presunta seconda repubblica che è solo la versione peggiorata della prima, perchè pochi lo dicono chiaramente e pochi sono in grado di vederla per ciò che è in realtà. Manca una seria opposizione che chiami a raccolta e che parli con una voce sola, perchè disgregata e vigliacca se non addirittura complice. Manca alla fine soprattutto la volontà comune a tanti, ancora troppi, di svegliarsi, di riconoscere quello che si è diventati, di smettere di essere complici, di avere uno scatto di orgoglio e di dignità. Ma mi chiedo, se non ora quando?
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(*) Qualcuno per fortuna comincia a svegliarsi

Hooverphonic - Wake Up

domenica 23 gennaio 2011

Menti in deroga

Premessa: preferirei parlare di altro, di frivolezze e menate varie, ma proprio non riesco. Sarà che ci tengo.
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Il New York Times ci definisce un "Paese surreale, da soap opera", opinione comune a quanti ci vedono dall'estero, incapaci di spiegarsi quanto sta accadendo. C'è da capirli, fatichiamo anche noi a spiegarcelo, non senza dover ricorrere a lunghe disanime di come si è arrivati allo stato attuale che possiamo riassumere nella constatazione, avvilente, di un Paese scollegato tra le sue Istituzioni e il sentire comune, ma ancor più scollegato nei suoi stessi componenti, in noi, o almeno nella maggioranza di noi. Uno scollegamento che nasce da lontano, da antichi modi di vivere non solo il potere, sempre visto come una cosa subita e mai come una cosa appartenente a tutti, ma anche e soprattutto il proprio quotidiano. Una nazione ipocrita, abituata a vizi privati e pubbliche virtù talmente estese da essere diventate modo di essere normale. Lo si può riscontrare nelle piccole cose, nella vita familiare come lavorativa, e il non riconoscerlo, o il giustificarlo, rende tutti complici. Una nazione indulgente verso i propri componenti abituati a barcamenarsi tra realtà diverse, nelle grandi come nelle piccole. Viviamo realtà parallele da anni, le abbiamo sempre vissute, perchè dunque stupirsi se si giustifica sempre e comunque il potente di turno quando mostra qualità differenti da quelle sbandierate, accontentandosi dei soli risultati materiali che ha raggiunto? E' ciò che facciamo anche col capoturno o col collega, magari dispotico ma bravo nel suo lavoro, di cui non sopportiamo magari le prese di posizione ma che non ci impedisce di andarci a bere una birra assieme. Di una persona in questi casi si scinde il suo comportamento sul lavoro da quello della vita di tutti i gorni, senza fermarsi a riflettere che uno stronzo sul lavoro il più delle volte lo è anche nella vita privata, o perlomeno tale dovrebbe essere considerato. Non è così invece. Anche queste sono piccole deroghe, eccezioni su leggi non scritte se non nel comportamento morale ed etico che chiunque dovrebbe avere nel rispetto di sè, che accumulate hanno finito per derogare cose molto più grandi, accettando realtà che magari deploriamo ma che in ogni caso sappiamo di riconoscere bene.
Credo sia arrivato il momento per ognuno, per chiunque, di interrogarsi, di cercare dentro se stessi chi si è, cosa si è diventati, chi si vorrebbe essere. In mancanza di guide autorevoli farlo noi (gli intellettuali ormai non abitano più qui: avete sentito una sola presa di posizione da parte di qualche mente che non fosse già schierata apertamente?). Prendere una posizione definita e seguirla, smettere di giustificare comportamenti che non accettiamo, farlo sul serio, anche andando contro a ciò che si è sempre pensato o fatto o votato. Parlare, sperando che la parola e il comportamento abbiamo ancora un effetto su chi ascolta e guarda, fottersene se certe prese di posizione verranno catalogate come moralismi: sempre meglio essere moralisti che stronzi. Bisogna farlo ora, perchè non c'è più tempo. E' ora che bisogna prendere parte a una una lotta che non si gioca sopra le nostre teste, si gioca nella nostra testa.

Moloko - The Time is Now

sabato 22 gennaio 2011

Arrivano i buoni

Che poi uno si chiede ma i cattolici del Pdl, in tutto questo parlar sulle gazzette di tette e culi e bagasce e ricottari e utilizzatori finali, che dicono i cattolici del Pdl? Voglio dire, ce l'avranno pure qualcosa da dire tra una novena e l'altra sulle abitudini serali del grande capo un tantinello in contrasto sui tanto cari e sbandierati temi della famiglia e della prostituzione, che è una cosa brutta brutta ma tanto brutta, tanto che già nel 2002 il grande capo in persona disse come al solito che se ne sarebbe occupato lui (leggete qua: in effetti se ne è occupato, questo non si può negare). Ma tipo Quagliariello, quello che ai tempi del caso Englaro ci mancava solo si strappasse le vesti tipo membro del sinedrio ("Eluana non è morta. E' stata ammazzata!" ) tanto era invasato nel mettersi contro una sentenza della Corte di Cassazione (che il vizio di andar contro i giudici ce l'hanno naturale). O Formigoni, che dice Formigoni? O, per completare lo zoo, Lupi, che dice Lupi? Ora che dopo i vescovi e Bagnasco pure il Papa ha detto la sua se la saranno fatta una opinione, diranno ben qualcosa ai cattolici destrorsi che son lì che aspettano una direttiva.
E alla fine qualche parola l'hanno detta, non in videomessaggio che quelli spettan solo al capo, ma sotto forma di epistola in cui si chiede di "aspettare, di sospendere il giudizio" in attesa che "la polvere e il fango si depositino", e visti i tempi che di solito richiedono i processi al grande capo per arrivare a conclusione sarà il caso per loro di mettersi comodi. Un bel richiamino al moralismo "interessato e intermittente", che si sa che la morale è loro esclusiva proprietà, una rilettura ridicola di tangentopoli dove ci sono i magistrati cattivi che fanno "gli arresti spettacolari sotto le telecamere impietose" (toh, chissà di chi erano quelle telecamere impietose? eh, certe volte la memoria...), un richiamo alla giustizia "nella quale i magistrati formulino ipotesi di reato", mentre oggi chissà cosa hanno fatto (forse l'hanno invitato a una partita a briscola! Mah....). Tutto questo perchè loro conoscono "un altro Berlusconi, il presidente con cui abbiamo lavorato in questi anni (...) portando avanti battaglie difficili e controcorrente". Ecco ora si spiega, con loro ci lavorava solo, a divertirsi ci andava con altri. Come non capirlo d'altronde.

venerdì 21 gennaio 2011

La gabbia

A leggere i giornali in queste ore ci si fa l'idea di un premier chiuso in gabbia circondato da forze che di ora in ora si vanno ingrossando, dove confluiscono finalmente anche chi fino a poco tempo fa si è reso complice (sì, complice) dello scempio etico morale e istituzionale in cui versa l'Italia. Tutto vero, tranne il particolare di chi è veramente in gabbia: nella gabbia ci siamo noi non lui, ed è bene rendersene conto. Lui è quello che questa gabbia ha costruito e controllato per venti anni e ancora oggi guarda da fuori, una gabbia mentale basata su concetti invertiti, valori distorti, principi ribaltati. Lo vediamo bene in queste ore (ma non è da oggi, almeno da queste parti) a quale risultato hanno portato vent'anni di balle mediatiche e di realtà irreali, di livellamento in basso di qualsiasi cosa, di esaltazione del becero elevato a virtù, di distruzione sistematica di ogni principio etico e morale in nome di una "libertà" che è solo quella di pochi lenoni di fottere e mangiare alla faccia di tutti. Liberarsi del controllore è la prima cosa, abbattere la gabbia che ha costruito la seconda, non meno importante della prima. Non sarà faccenda da poco.

Genesis - In The Cage

giovedì 20 gennaio 2011

Non ci resta che ridere

La battaglia infuria e come sempre è difficile restarne distanti tanto è rumorosa. Non puoi, semplicemente. Dovunque ti giri arriva l'eco dello scontro in lontananza che si riflette nelle radio, nelle televisioni, nei titoli di giornale, nei dialoghi nei bar, persino per strada passeggiando capti dialoghi su quanto sta avvenendo. Le forze si equivalgono, senti opinioni discordanti (incredibile che sia così) su dichiarazioni di puttane e magnaccia, commenti imbarazzati e imbarazzanti di chi nega a se stesso l'evidenza, difese sconcertanti accompagnati da rumori di unghie su specchi sempre più rotti e ancora gente che urla sbraita e mischia le carte. Poi ancora arrivano voci flebili e falsamente indignate di prelati e chierici (ipocriti) già pronti a perdonare, e altre voci, spente e incapaci di far capire che il moralismo non c'entra una beata mazza, troppo pavide per chiedere con forza di uscire da tutto questo a cui pure loro stessi hanno contribuito. Ma senti anche risate, risate sguaiate, risate comprensibili che sembrano restare l'unica arma con cui difendersi da questo quadro desolante, come se fosse vero che una sola enorme risata possa seppellirli. Sarebbe bello, ma no, non c'è proprio un cacchio da ridere.

Smoke City - Mr. Gorgeous (and Miss Curvaceous)

martedì 18 gennaio 2011

Nuovi preti

Senza contare la notizia sul recente studio americano sull'oscillazione dell'asse terrestre e sugli sconvolgenti risultati a cui sono giunti (i segni zodiacali sono sbagliati, ma sconvolgente è il ritardo con cui ci sono arrivati, dato che il fenomeno è noto da almeno un paio di migliaio di anni), tesa ad aggiungere un po' di confusione in materia d'astrologia e che ultimamente ha spopolato sulle gazzette, come da alcuni anni a questa parte anche per il 2010 i tipi del Cicap hanno provveduto a pubblicare l'elenco delle previsioni sbagliate da parte di astrologi più o meno noti. Operazione buona e giusta ma dall'esito un tantino scontato, dato che la quasi totalità delle previsioni pubblicate su giornali riviste e media vari sono perlopiù baggianate generiche utili a trascorrere un po' di tempo e al limite aiutare a porsi qualche domanda (sempre se ci riescono). Non fosse che non si tiene conto di eventuali previsioni azzeccate, che pure ci sono, e che un simile tipo di raccolta non viene fatto riguardo alle previsioni frutto di studi scientifici rivelatesi sbagliate, una su tutte la vicenda dell'influenza H1N1 lo scorso anno, ci sarebbe solo da applaudire a iniziative del genere se questa fosse tesa a limitare i danni da circonvenzione d'incapace, seppure non risolve certo il problema: siccome la gente è capace di credere di tutto se vuole, ho qualche dubbio che basti dire le cose per evitare il pericolo (e se non ci credete basta dare una occhiata alla situazione politica italiana e al nostro presdelcons).
In realtà devo ammettere che mi sfugge alquanto il senso di una organizzazione che si prefigge lo scopo di "promuovere una indagine scientifica e critica sui presunti fenomeni paranormali" (più altre cose che potete trovare qui). Considerato che la scienza si occupa e accetta tutto ciò che è verificabile, dimostrabile e ripetibile, mentre a detta di chi si occupa di "paranormale" gran parte dei fenomeni definiti tali sono "difficilmente spiegabili sulla base dei modelli scientifici attuali", succede che in pratica si affrontano delle materie utilizzando metodi di altre materie, il che è un po' come valutare le poesie con la matematica come succedeva nel film L'Attimo Fuggente. Ad ogni modo il punto dolente non sta nemmeno in questo, anche se imporre il campo di gioco e le regole dello stesso mi suona un tantino arrogante, ma è che oltre allo scetticismo canzonatorio che accompagna tutto ciò che non rientra nei parametri dell'indagine scientifica, volto più che altro a denigrare, noto sempre un certo integralismo irritante in chi si occupa di studi di questo tipo (levatevi una volta il piacere di discutere con un ricercatore scientifico laico e materialista: ci si diverte!) riscontrabile solo in certi preti preconciliari, il tutto unito ad una certa qual amnesia. Di solito non ricordano, o meglio non ci badano abbastanza, che in fondo la terra girava attorno al sole anche prima che l'uomo se ne accorgesse.

Gogol Bordello - Supertheory of Supereverything

lunedì 17 gennaio 2011

Ritorno al presente

C'è un tempo per il divertimento e uno per il lavoro, e ora che la ricreazione è finita ci corre l'obbligo di inviare un doveroso ringraziamento a maestranze sindacati e, massì, pure dirigenza Fiat che in queste due settimane hanno tenuto banco su giornali televisioni e salotti catodici con questioni però, bisogna dirlo, tanto pratiche quanto noiose. Apprezzandone l'impegno profuso nel tentativo di distrarre il Paese dalle spinose questioni che l'attanagliano, ci teniamo a dire che ci è piaciuto, è stato interessante e divertente pure, ma ogni bel gioco dura poco e per fortuna questo è finita in fretta. Il tempo degli scherzi è finito e il Paese ha urgente bisogno di tornare ad occuparsi di questioni serie e fondamentali come le festicciole goderecce a base di bagasce prezzolate di due/tre vecchietti bavosi in quel di Hardcore, di fidanzate vere o presunte, di riforme immaginarie, di battaglie tra giornali rivali, di case e casette di fascista memoria e dei persistenti dubbi amletici di un partito inutile. Che Landini e la Camusso, per carità, parlano bene e si impegnano pure, ma vuoi mettere con Sallusti e la Santanché!

sabato 15 gennaio 2011

Dov' è la sconfitta?

Per come si è risolto il risultato del "referendum" spartiacque di Mirafiori è di quelli che fanno rabbia, ma è forse se non il risultato migliore che si potesse avere quello che più limita i danni. Lo sapete già, ha vinto di poco il Sì all'accordo, che prevede tutta una serie di concessioni certe da parte degli operai in cambio di investimenti e piani aziendali ancora tutti da definire, grazie al voto determinante degli impiegati che in quell'accordo non perdono quasi nulla. Siamo sempre all'italianissimo "armiamoci e partite", dove non vince la logica del bene comune ma quella del particolare individuale, o comunque sia il presunto bene comune è scambiato col sacrificio di altri. Tutto ciò non stupisce: un paese che da sedici anni si fa governare da chi ben sappiamo nonostante tutto è quasi normale che agisca così. Ma veniamo al risultato del voto e al perchè, forse, è il risultato migliore.
Avesse vinto il no avremmo assistito a un deciso scatto di orgoglio da parte operaia, un rifiuto di logiche aziendali sempre più improntate allo sfruttamento e un chiaro risveglio da parte della gente, ma avremmo anche avuto una azienda legittimata a dare seguito alle minacce di chiusura senza pagare lo scotto di una decisione tanto grave. La colpa infatti sarebbe stata fatta ricadere su quanti hanno spinto per il no all'accordo, Fiom, Cobas e forze extraparlamentari di sinistra, che già deboli e disgregate di suo non credo avrebbero potuto reggere a un urto del genere. Nel dire questo ricordiamo che il voto di Mirafiori andava ben al di là del solo stabilimento torinese, coinvolgendo suo malgrado anche tutte le aziende dell'indotto Fiat che sarebbero state trascinate nello stesso destino della casa di riferimento. Parliamo di circa 1.000 aziende con 40.000 addetti nel solo torinese che già oggi se la passano male e che in caso di chiusura di Mirafiori non se la sarebbero passata certo meglio. Considerato che anche tra gli operai vale la logica di cui sopra, armiamoci e partite, facile immaginare chi avrebbero potuto incolpare.
In caso di vittoria netta del fronte del Sì ci sarebbe stata la sconfitta totale della politica sindacale Fiom e la possibilità concreta di estendere accordi come quello di Mirafiori a tutte le altre realtà lavorative, con conseguenze disastrose in materia di diritti e qualità della vita, e con vantaggi ancora tutti da verificare. Possibilità scongiurata, visto il risultato incerto del voto.
Questa vittoria invece (monca, risicata, stentata, falsa, dove sappiamo bene che buona parte dei Sì erano estorti) mantiene inalterati i rapporti di forza, anzi delegittima in larga parte quei sindacati che hanno firmato in fretta e furia, e costringe Fiat a investire come promesso. Il peso della Fiom all'interno di Mirafiori ne esce rafforzato (e sarà difficile estrometterla dalla fabbrica) a scapito dei sindacati gialli che, a meno di non essere dei completi idioti, dovranno rivedere le loro strategie filoaziendali in nome del lavoro purchè sia.
Per come siamo messi non c'è sconfitta migliore di questa, e visto il risultato ci sono margini per poter riaprire una trattativa più seria e meno lesiva nei confronti dei lavoratori, cosa che immagino la Fiom richiederà certamente. Insomma, da che parte è realmente la sconfitta?

venerdì 14 gennaio 2011

Di pecore e lupi

Questo post l'ho scritto mercoledì sera, dopo la fiaccolata della Fiom a Torino. Ero indeciso se pubblicarlo o no, mi sembrava ingeneroso, anche offensivo, pure verso me stesso. In questo momento non si sa ancora il risultato del "referendum" a Mirafiori, ma quale che sia non credo cambierà ciò che penso a proposito di ciò che è avvenuto a una categoria sociale di cui ancora, nonostante tutto, faccio parte.

Ieri sera ero lì in mezzo, tra via Garibaldi e Piazza Castello, con quelle che una volta venivano chiamate tute blu, quando ancora si era orgogliosi di esserlo. Ero lì, anche se la tuta blu ho smesso di indossarla dieci anni fa. L'ho dismessa dopo quattordici anni, molti dei quali trascorsi a pensare come potermela togliere perché stanco, perché alienato, perché di tre turni ci si ammala, perchè davanti a una macchina hai troppo tempo per pensare. I gesti sono automatici, la mente viaggia e quando la mente viaggia otto ore in altri luoghi mentre il corpo rimane da solo a lavorare c'è qualcosa che non va: brutta cosa la fabbrica, se ti fermi a pensare. Ma son quelle cose che sai di aver lasciato solo formalmente, perchè non basta diventare altro per esserlo davvero, e non basta levarsi la tuta per smettere di essere parte di un qualcosa che va oltre, qualcosa che hai respirato da piccolo, visto in casa nei volti di tuo padre e dei tuoi fratelli e poi riconosciuto sul tuo, che ti si è insinuato dentro senza che nemmeno te ne rendessi conto e a cui devi il modo che hai di pensare, di più, il modo che hai di vivere. Quel mondo fatto di fabbrica, di tute blu, di discussioni nelle pause, di assemblee sempre meno partecipate l'ho vissuto e me lo porto ancora dentro, ma se dicessi che ne ho nostalgia direi una falsità. Non mi manca, e sinceramente spero di non doverci ritornare, ma il meglio che poteva darmi (il senso di appartenenza, il significato di alcune parole, la coscienza di cosa si è, la conoscenza degli altri per quello che realmente sono), quello me lo sono preso e me lo tengo stretto.
Bisogna dirlo, c'è molta retorica che ancora circola sul mondo operaio e non solo su quello. Forse in passato, anni '60 anni '70, le cose erano diverse, come lo era tutto il resto d'altronde. Oggi la fabbrica non è un mondo diverso da altri, è fatto di gente e la gente è diventata uguale dappertutto. Nei miei anni di fabbrica eravamo ancora ammirati e invidiati, perché ci vedevano ancora tosti e uniti, ma vivevamo di una rendita che altri avevano costruito e che noi abbiamo dissipato. Non sapevano, quanti ci ammiravano e invidiavano, che quell'unità apparente era dovuta alla capacità di trascinare di pochi in alto, loro sì tosti e uniti, pastori capaci di tenere unito un gregge che già allora cominciava a disperdersi e che oggi lo è totalmente. Succede, quando chi ti guida smette di farlo e pensa solo a se stesso, quando chi segue perde i punti di riferimento e si ritrova solo, e succede quando a una pecora fanno credere di essere un lupo. Ma non è colpa delle pecore, la colpa è sempre dei lupi.

martedì 11 gennaio 2011

Sala d'attesa

Uno va dal dottore per un controllo, che la stagione è quella che è, che l'età diventa di colpo quella che è, che si scoprono sempre nuovi sconosciuti sintomi associati a parti del corpo, le orecchie, che mai avresti pensato potessero darti problemi. Quest'uno si ritrova immerso in discorsi interessantissimi (per dire) tenuti da due settuagenari (quasi Ottanta, neh!) a un volume tipo ospiti di Anno Zero che vanno da "I Giovani che Fumano la Droga" a "Mia Figlia in Discoteca Mai", dove si scopre che una figlia non ce l'hanno e che la loro conoscenza delle droghe è pari alla mia di Fisica Quantistica. Il tema lanciato da una cinquantenne logorroica quanto i due sopra, "Giovani e Anziani Non Si Parlano" (sottotitolo "Per Cui La Società Va Dove Va") viene sostituito (e risolto nel sottotitolo) dai temi successivi, che vanno da "La Fiat ha Fatto Tanto per l'Italia" contrapposto (dalla stessa persona) a "La Fiat l'Abbiamo Mantenuta Noi", segnale evidente di schizofrenia che si spiega solo con la malattia nota come Dare Fiato Alla Bocca. Il discorso si impantana in rievocazioni della serie "Che Anche Io Ho Lavorato" e aneddoti sul collega meridionale assenteista perchè cacciatore da cui il tema successivo, "I Meridionali Non Hanno Voglia di Lavorare (sottotitolo "Perchè è nella Loro Natura"), dove si elencano tutte le caratteristiche delle varie tipologie sudiste (Napoletani = Scherzosi, Calabresi = Sfaticati, Siciliani = Malavitosi, Sardi = Cocciuti e via avanti di luoghi comuni) dimenticando Lucani e Molisani perchè non si sa bene dove collocarli sulla carta geografica dello Stivale e inserendo nel discorso vaghi accenni a badanti rumene e maestranze straniere varie, da cui nuovo elenco della varie tipologie (Rumeni = Muratori, Albanesi = Da Non Fidarsi, Marocchini = Spacciatori) e sottile allusione al fatto che Meridionali, Stranieri, Insomma Siamo Lì. Il tutto nel tempo record di venti (lunghissimi) minuti, e con la profondità di elaborazione (per dire) degna di Focus (la rivista).
Che poi quell'uno si sente pure un po' in colpa perchè snobba la discussione (no, non è vero: ci assiste esterefatto), e forse in effetti La Società Va Dove Va perchè Giovani e Anziani Non si Parlano, ma è che quell'uno non sa bene dove collocarsi nelle due categorie, essendoci in mezzo, e poi trova che si capisca molto di più, ascoltando. Magari non si scopre Dove Va la Società, di certo si capisce perchè E' come E'.

lunedì 10 gennaio 2011

Produci consuma crepa

Ho visto alla tele dall' Insetto un segretario nazionale della Fiom, Airaudo, bersi da solo, nell'ordine:

- una presidente di Confindustria (che la senti parlare e capisci perchè l'industria italiana è quella che è)
- un ministro del lavoro (che non si capisce cosa ci facesse lì, visto che nella faccenda il governo è stato completamente assente)
- un segretario generale sindacale (quello pelato col baffetto e il sorrisino perenne, della Uil: imbarazzante, letteralmente imbarazzante).

Poi ho visto, sempre dall' Insetto, operai tristemente divisi, tra chi è disposto a firmare cambiali in bianco pur di lavorare, la maggioranza, e chi vorrebbe lavorare senza cedere alle prepotenze di un padrone.
Vinceranno i primi, e dovremo pure ringraziarli.