A sinistra in questi mesi ci si sente piuttosto confusi. La sconfitta elettorale di aprile continua a far sentire tutto il peso di una situazione che ha origini certo più lontane, una situazione cominciata nel 1989 o giù di lì, col Muro caduto a Berlino, i cui cocci hanno travolto una intera parte di mondo e ancora continua.
Qui da noi si continua ad assistere a un frazionamento, stucchevole (date una occhiata qui e qui), che sembra non avere mai fine: arriveremo forse ad essere entità uniche e separate, dove ognuno manterrà dentro sè la propria idea di comunismo, senza più avere la capacità, o la voglia, di condividerla con gli altri.
E' come se in questi anni si sia partecipati tutti a un grande funerale, dove a morire è stata quella speranza di un futuro migliore che il comunismo aveva sposato. Oggi noi orfani non abbiamo ancora elaborato il lutto e già ci spartiamo l'eredità, azzannandoci, come nelle peggiori famiglie, ed è triste a vedersi.
E ora? Ora mi vengono in mente solo i versi finale di una canzone di Gaber:
Qualcuno era comunista perché aveva bisogno di una spinta verso qualcosa di nuovo, perché era disposto a cambiare ogni giorno, perché sentiva la necessità di una morale diversa, perché forse era solo una forza, un volo, un sogno, era solo uno slancio, un desiderio di cambiare le cose, di cambiare la vita.
Qualcuno era comunista perché con accanto questo slancio ognuno era come più di se stesso, era come due persone in una. Da una parte la personale fatica quotidiana e dall’altra il senso di appartenenza a una razza che voleva spiccare il volo per cambiare veramente la vita.
No, niente rimpianti. Forse anche allora molti avevano aperto le ali senza essere capaci di volare, come dei gabbiani ipotetici.
E ora? Anche ora ci si sente come in due: da una parte l’uomo inserito che attraversa ossequiosamente lo squallore della propria sopravvivenza quotidiana e dall’altra il gabbiano, senza più neanche l’intenzione del volo, perché ormai il sogno si è rattrappito.
Due miserie in un corpo solo.
4 commenti:
Sto cercando obiezioni da fare al tuo post, ma non ne trovo.
L'unica cosa che mi rende ottimista è che la situazione attuale è frutto di gravi errori, non solo prima delle elezioni, ma anche dopo e anche dopo il congresso. E che (forse) smettendo di fare errori, la situazione può cambiare.
Una lunga agonia delle proprie speranze? Forse esagero, forse no. Fatto stà che visto il quadro attuale c'è da ssere poco fiduciosi...
Quello che penso lo hai letto da me. Io ancora continuo a sperare, se non nelle organizzazioni di massa -bell'espressione vero? ci riporta ai bei tempi andati- al singolo che porta avanti le ideee e contribuisce a non farle morire.
Le speranza è poca. E sta diventando un'abitudine.
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