Il tizio a vederlo da lontano ha l'aria da fighenzia tamarra, capello liscio lungo nero raccolto in coda, pizzo importante, vestito elegante, sembra De Niro in Angel Heart, solo più magro. Da vicino conferma il mio buon occhio: accento meridionale sporcato dai troppi anni in una regione non sua, ha una voce che stona con tutto il resto. Mi chiede: "Tu di dove sei?". Una domanda banale, quasi scontata da formulare per chi non ti conosce, fatta apposta per inquadrarti in un luogo, per farsi una idea, aggiungere coordinate a una faccia per pensare di saperne di più. Una domanda che mi spiazza. Ci metto qualche attimo a rispondere Torino, che è la verità ma non è proprio la verità, ché non basta il luogo dove vivi a definire ciò che sei, o meglio, non basta per me. In altri tempi avrei nominato sicuro la provincia che mi ha visto nascere e crescere, pronunciandola con un certo orgoglio, sorvolando sulla domanda inevitabile che sarebbe seguita, "e dove si trova, di preciso?", che più che la sua scarsa notorietà avrebbe rimarcato l'ignoranza di chi mi stava di fronte. In tempi più recenti, per sopravvenuta lontananza temporale e culturale, avrei forse nominato la provincia che mi ha accolto per una trentina d'anni, decidendo in base all'interlocutore se nominare o meno il paese esatto, ma il dubbio di dire una balla mi sarebbe venuto e la voce di dentro, sono certo, mi avrebbe riportato deciso alle mie origini, specificando, puntualizzando. Oggi dovrei specificare troppo, puntualizzare troppo e rispondo Torino, ma ci metto sempre un attimo prima di dirlo. La voce di dentro che mi richiama alla verità va in confusione mischiando luoghi e memorie, e forse non sa più nemmeno lei dove sta di casa. A volte capita che nemmeno io.
7 commenti:
Bello; risposta per nulla banale quella della tua voce di dentro.
E' che non si fanno mai i cavoli loro...
:)
(bel pezzo)
E' una situazione imbarazzante. Io proverei così: "Sono della Falchera, delle Vallette, di via Artom, delle case popolari, di Porta Palazzo. Sono un immigrato di prima, seconda o terza generazione, come te e tutti gli abitanti di questa città decadente e dannata". Lo so, a volte non basterebbe neppure Lino Banfi...
@ Patè: è una tale scassaballe....
@ Baol: (grazie)
@ Hassan B.P: vengo dalla provincia, lì è normale chiederlo dato che chi è del paese lo conosci già, ma so che a Torino suona strano.
stessa mia sensazione uguale uguale di questo periodo. "essere di" è "appartenere a" e il senso di appartenenza è una cosa troppo profonda per essere descitta a parole. Io, a volte, mi sento di appartenere a qualcosa che ancora non c'è. Terribile :)
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