martedì 18 gennaio 2011

Nuovi preti

Senza contare la notizia sul recente studio americano sull'oscillazione dell'asse terrestre e sugli sconvolgenti risultati a cui sono giunti (i segni zodiacali sono sbagliati, ma sconvolgente è il ritardo con cui ci sono arrivati, dato che il fenomeno è noto da almeno un paio di migliaio di anni), tesa ad aggiungere un po' di confusione in materia d'astrologia e che ultimamente ha spopolato sulle gazzette, come da alcuni anni a questa parte anche per il 2010 i tipi del Cicap hanno provveduto a pubblicare l'elenco delle previsioni sbagliate da parte di astrologi più o meno noti. Operazione buona e giusta ma dall'esito un tantino scontato, dato che la quasi totalità delle previsioni pubblicate su giornali riviste e media vari sono perlopiù baggianate generiche utili a trascorrere un po' di tempo e al limite aiutare a porsi qualche domanda (sempre se ci riescono). Non fosse che non si tiene conto di eventuali previsioni azzeccate, che pure ci sono, e che un simile tipo di raccolta non viene fatto riguardo alle previsioni frutto di studi scientifici rivelatesi sbagliate, una su tutte la vicenda dell'influenza H1N1 lo scorso anno, ci sarebbe solo da applaudire a iniziative del genere se questa fosse tesa a limitare i danni da circonvenzione d'incapace, seppure non risolve certo il problema: siccome la gente è capace di credere di tutto se vuole, ho qualche dubbio che basti dire le cose per evitare il pericolo (e se non ci credete basta dare una occhiata alla situazione politica italiana e al nostro presdelcons).
In realtà devo ammettere che mi sfugge alquanto il senso di una organizzazione che si prefigge lo scopo di "promuovere una indagine scientifica e critica sui presunti fenomeni paranormali" (più altre cose che potete trovare qui). Considerato che la scienza si occupa e accetta tutto ciò che è verificabile, dimostrabile e ripetibile, mentre a detta di chi si occupa di "paranormale" gran parte dei fenomeni definiti tali sono "difficilmente spiegabili sulla base dei modelli scientifici attuali", succede che in pratica si affrontano delle materie utilizzando metodi di altre materie, il che è un po' come valutare le poesie con la matematica come succedeva nel film L'Attimo Fuggente. Ad ogni modo il punto dolente non sta nemmeno in questo, anche se imporre il campo di gioco e le regole dello stesso mi suona un tantino arrogante, ma è che oltre allo scetticismo canzonatorio che accompagna tutto ciò che non rientra nei parametri dell'indagine scientifica, volto più che altro a denigrare, noto sempre un certo integralismo irritante in chi si occupa di studi di questo tipo (levatevi una volta il piacere di discutere con un ricercatore scientifico laico e materialista: ci si diverte!) riscontrabile solo in certi preti preconciliari, il tutto unito ad una certa qual amnesia. Di solito non ricordano, o meglio non ci badano abbastanza, che in fondo la terra girava attorno al sole anche prima che l'uomo se ne accorgesse.

Gogol Bordello - Supertheory of Supereverything

lunedì 17 gennaio 2011

Ritorno al presente

C'è un tempo per il divertimento e uno per il lavoro, e ora che la ricreazione è finita ci corre l'obbligo di inviare un doveroso ringraziamento a maestranze sindacati e, massì, pure dirigenza Fiat che in queste due settimane hanno tenuto banco su giornali televisioni e salotti catodici con questioni però, bisogna dirlo, tanto pratiche quanto noiose. Apprezzandone l'impegno profuso nel tentativo di distrarre il Paese dalle spinose questioni che l'attanagliano, ci teniamo a dire che ci è piaciuto, è stato interessante e divertente pure, ma ogni bel gioco dura poco e per fortuna questo è finita in fretta. Il tempo degli scherzi è finito e il Paese ha urgente bisogno di tornare ad occuparsi di questioni serie e fondamentali come le festicciole goderecce a base di bagasce prezzolate di due/tre vecchietti bavosi in quel di Hardcore, di fidanzate vere o presunte, di riforme immaginarie, di battaglie tra giornali rivali, di case e casette di fascista memoria e dei persistenti dubbi amletici di un partito inutile. Che Landini e la Camusso, per carità, parlano bene e si impegnano pure, ma vuoi mettere con Sallusti e la Santanché!

sabato 15 gennaio 2011

Dov' è la sconfitta?

Per come si è risolto il risultato del "referendum" spartiacque di Mirafiori è di quelli che fanno rabbia, ma è forse se non il risultato migliore che si potesse avere quello che più limita i danni. Lo sapete già, ha vinto di poco il Sì all'accordo, che prevede tutta una serie di concessioni certe da parte degli operai in cambio di investimenti e piani aziendali ancora tutti da definire, grazie al voto determinante degli impiegati che in quell'accordo non perdono quasi nulla. Siamo sempre all'italianissimo "armiamoci e partite", dove non vince la logica del bene comune ma quella del particolare individuale, o comunque sia il presunto bene comune è scambiato col sacrificio di altri. Tutto ciò non stupisce: un paese che da sedici anni si fa governare da chi ben sappiamo nonostante tutto è quasi normale che agisca così. Ma veniamo al risultato del voto e al perchè, forse, è il risultato migliore.
Avesse vinto il no avremmo assistito a un deciso scatto di orgoglio da parte operaia, un rifiuto di logiche aziendali sempre più improntate allo sfruttamento e un chiaro risveglio da parte della gente, ma avremmo anche avuto una azienda legittimata a dare seguito alle minacce di chiusura senza pagare lo scotto di una decisione tanto grave. La colpa infatti sarebbe stata fatta ricadere su quanti hanno spinto per il no all'accordo, Fiom, Cobas e forze extraparlamentari di sinistra, che già deboli e disgregate di suo non credo avrebbero potuto reggere a un urto del genere. Nel dire questo ricordiamo che il voto di Mirafiori andava ben al di là del solo stabilimento torinese, coinvolgendo suo malgrado anche tutte le aziende dell'indotto Fiat che sarebbero state trascinate nello stesso destino della casa di riferimento. Parliamo di circa 1.000 aziende con 40.000 addetti nel solo torinese che già oggi se la passano male e che in caso di chiusura di Mirafiori non se la sarebbero passata certo meglio. Considerato che anche tra gli operai vale la logica di cui sopra, armiamoci e partite, facile immaginare chi avrebbero potuto incolpare.
In caso di vittoria netta del fronte del Sì ci sarebbe stata la sconfitta totale della politica sindacale Fiom e la possibilità concreta di estendere accordi come quello di Mirafiori a tutte le altre realtà lavorative, con conseguenze disastrose in materia di diritti e qualità della vita, e con vantaggi ancora tutti da verificare. Possibilità scongiurata, visto il risultato incerto del voto.
Questa vittoria invece (monca, risicata, stentata, falsa, dove sappiamo bene che buona parte dei Sì erano estorti) mantiene inalterati i rapporti di forza, anzi delegittima in larga parte quei sindacati che hanno firmato in fretta e furia, e costringe Fiat a investire come promesso. Il peso della Fiom all'interno di Mirafiori ne esce rafforzato (e sarà difficile estrometterla dalla fabbrica) a scapito dei sindacati gialli che, a meno di non essere dei completi idioti, dovranno rivedere le loro strategie filoaziendali in nome del lavoro purchè sia.
Per come siamo messi non c'è sconfitta migliore di questa, e visto il risultato ci sono margini per poter riaprire una trattativa più seria e meno lesiva nei confronti dei lavoratori, cosa che immagino la Fiom richiederà certamente. Insomma, da che parte è realmente la sconfitta?

venerdì 14 gennaio 2011

Di pecore e lupi

Questo post l'ho scritto mercoledì sera, dopo la fiaccolata della Fiom a Torino. Ero indeciso se pubblicarlo o no, mi sembrava ingeneroso, anche offensivo, pure verso me stesso. In questo momento non si sa ancora il risultato del "referendum" a Mirafiori, ma quale che sia non credo cambierà ciò che penso a proposito di ciò che è avvenuto a una categoria sociale di cui ancora, nonostante tutto, faccio parte.

Ieri sera ero lì in mezzo, tra via Garibaldi e Piazza Castello, con quelle che una volta venivano chiamate tute blu, quando ancora si era orgogliosi di esserlo. Ero lì, anche se la tuta blu ho smesso di indossarla dieci anni fa. L'ho dismessa dopo quattordici anni, molti dei quali trascorsi a pensare come potermela togliere perché stanco, perché alienato, perché di tre turni ci si ammala, perchè davanti a una macchina hai troppo tempo per pensare. I gesti sono automatici, la mente viaggia e quando la mente viaggia otto ore in altri luoghi mentre il corpo rimane da solo a lavorare c'è qualcosa che non va: brutta cosa la fabbrica, se ti fermi a pensare. Ma son quelle cose che sai di aver lasciato solo formalmente, perchè non basta diventare altro per esserlo davvero, e non basta levarsi la tuta per smettere di essere parte di un qualcosa che va oltre, qualcosa che hai respirato da piccolo, visto in casa nei volti di tuo padre e dei tuoi fratelli e poi riconosciuto sul tuo, che ti si è insinuato dentro senza che nemmeno te ne rendessi conto e a cui devi il modo che hai di pensare, di più, il modo che hai di vivere. Quel mondo fatto di fabbrica, di tute blu, di discussioni nelle pause, di assemblee sempre meno partecipate l'ho vissuto e me lo porto ancora dentro, ma se dicessi che ne ho nostalgia direi una falsità. Non mi manca, e sinceramente spero di non doverci ritornare, ma il meglio che poteva darmi (il senso di appartenenza, il significato di alcune parole, la coscienza di cosa si è, la conoscenza degli altri per quello che realmente sono), quello me lo sono preso e me lo tengo stretto.
Bisogna dirlo, c'è molta retorica che ancora circola sul mondo operaio e non solo su quello. Forse in passato, anni '60 anni '70, le cose erano diverse, come lo era tutto il resto d'altronde. Oggi la fabbrica non è un mondo diverso da altri, è fatto di gente e la gente è diventata uguale dappertutto. Nei miei anni di fabbrica eravamo ancora ammirati e invidiati, perché ci vedevano ancora tosti e uniti, ma vivevamo di una rendita che altri avevano costruito e che noi abbiamo dissipato. Non sapevano, quanti ci ammiravano e invidiavano, che quell'unità apparente era dovuta alla capacità di trascinare di pochi in alto, loro sì tosti e uniti, pastori capaci di tenere unito un gregge che già allora cominciava a disperdersi e che oggi lo è totalmente. Succede, quando chi ti guida smette di farlo e pensa solo a se stesso, quando chi segue perde i punti di riferimento e si ritrova solo, e succede quando a una pecora fanno credere di essere un lupo. Ma non è colpa delle pecore, la colpa è sempre dei lupi.

martedì 11 gennaio 2011

Sala d'attesa

Uno va dal dottore per un controllo, che la stagione è quella che è, che l'età diventa di colpo quella che è, che si scoprono sempre nuovi sconosciuti sintomi associati a parti del corpo, le orecchie, che mai avresti pensato potessero darti problemi. Quest'uno si ritrova immerso in discorsi interessantissimi (per dire) tenuti da due settuagenari (quasi Ottanta, neh!) a un volume tipo ospiti di Anno Zero che vanno da "I Giovani che Fumano la Droga" a "Mia Figlia in Discoteca Mai", dove si scopre che una figlia non ce l'hanno e che la loro conoscenza delle droghe è pari alla mia di Fisica Quantistica. Il tema lanciato da una cinquantenne logorroica quanto i due sopra, "Giovani e Anziani Non Si Parlano" (sottotitolo "Per Cui La Società Va Dove Va") viene sostituito (e risolto nel sottotitolo) dai temi successivi, che vanno da "La Fiat ha Fatto Tanto per l'Italia" contrapposto (dalla stessa persona) a "La Fiat l'Abbiamo Mantenuta Noi", segnale evidente di schizofrenia che si spiega solo con la malattia nota come Dare Fiato Alla Bocca. Il discorso si impantana in rievocazioni della serie "Che Anche Io Ho Lavorato" e aneddoti sul collega meridionale assenteista perchè cacciatore da cui il tema successivo, "I Meridionali Non Hanno Voglia di Lavorare (sottotitolo "Perchè è nella Loro Natura"), dove si elencano tutte le caratteristiche delle varie tipologie sudiste (Napoletani = Scherzosi, Calabresi = Sfaticati, Siciliani = Malavitosi, Sardi = Cocciuti e via avanti di luoghi comuni) dimenticando Lucani e Molisani perchè non si sa bene dove collocarli sulla carta geografica dello Stivale e inserendo nel discorso vaghi accenni a badanti rumene e maestranze straniere varie, da cui nuovo elenco della varie tipologie (Rumeni = Muratori, Albanesi = Da Non Fidarsi, Marocchini = Spacciatori) e sottile allusione al fatto che Meridionali, Stranieri, Insomma Siamo Lì. Il tutto nel tempo record di venti (lunghissimi) minuti, e con la profondità di elaborazione (per dire) degna di Focus (la rivista).
Che poi quell'uno si sente pure un po' in colpa perchè snobba la discussione (no, non è vero: ci assiste esterefatto), e forse in effetti La Società Va Dove Va perchè Giovani e Anziani Non si Parlano, ma è che quell'uno non sa bene dove collocarsi nelle due categorie, essendoci in mezzo, e poi trova che si capisca molto di più, ascoltando. Magari non si scopre Dove Va la Società, di certo si capisce perchè E' come E'.

lunedì 10 gennaio 2011

Produci consuma crepa

Ho visto alla tele dall' Insetto un segretario nazionale della Fiom, Airaudo, bersi da solo, nell'ordine:

- una presidente di Confindustria (che la senti parlare e capisci perchè l'industria italiana è quella che è)
- un ministro del lavoro (che non si capisce cosa ci facesse lì, visto che nella faccenda il governo è stato completamente assente)
- un segretario generale sindacale (quello pelato col baffetto e il sorrisino perenne, della Uil: imbarazzante, letteralmente imbarazzante).

Poi ho visto, sempre dall' Insetto, operai tristemente divisi, tra chi è disposto a firmare cambiali in bianco pur di lavorare, la maggioranza, e chi vorrebbe lavorare senza cedere alle prepotenze di un padrone.
Vinceranno i primi, e dovremo pure ringraziarli.

giovedì 30 dicembre 2010

Scusa se è poco

Dice salva cinque cose di quest'anno che se ne va, e lo dice come se lui ce le avesse già belle e pronte da sfornare, in bella sequenza e ordine d'importanza, mentre io invece me ne resto a far mente locale e a cercare di distinguere qualcosa in questa annataccia che valga la pena di non finire al macero. Che poi fai in fretta a dire salva cinque cose, cinque cose solo mie o cinque cose in generale? Che se devono essere solo mie mi sa che ce la togliamo in fretta dato che a malapena arrivo a due, forse!
Dice guarda fai tutte e due, e io mi chiedo come cacchio gli vengano in mente 'sti giochini da tredicenne quando ne ha almeno trenta in più, ma poi lo invidio un po', che significa che è rimasto ragazzetto dentro e bene gli fa, mi pare, ma comunque tutte e due è troppo e le cose in generale lasciamole fare ad altri, io mi limito alle mie.
E dunque, mumble mumble, cinque cose. Pare facile tirarle fuori in quest'anno delle balle che non vince l'oscar del peggiore solo perchè il 1999 quello sì, che è stato un anno delle balle, e se mi tiravi fuori 'sto giochetto allora rischiavi non solo un vaffa ma pure qualcosa di solido in accompagnamento, e comunque dai, mi ci provo, cinque cose.
La prima..... il viaggio in Normandia. Beh cavoli quello sì lo salviamo, che girare in macchina con la mia bella a visitare posti nuovi è sempre una cosa che mi piace parecchio, e peccato non poterlo fare più spesso.
Poi... poi.... ah, un paio di esperienze lavorative, finite in vacca ma come esperienze restano e allora teniamocele buone che non si sa mai.
Salvo un po' di cose che ho scritto, che al momento non han portato nulla ma anche qui non si sa mai come vanno le cose, e peccato che io mi butto giù se non vedo subito risultati e quindi salviamo pure l'aver capito un po' di limiti, che pure se non vuol dire averli superati è già buono averli inquadrati.
E ovviamente salvo il rapporto con la mia bella, che regge nonostante periodi un po' così, nonostante attorno a noi le cose girino un po' così, nonostante io sia un po' così, ma per fortuna ci son solo io a esser così, e dunque salvo lei prima ancora di viaggi e lavori e limiti e scritti.
Ecco, alla fine gliele ho tirate fuori, cinque cose cinque, e dire che tutto subito non me ne veniva neanche mezza da salvare in quest'annataccia delle balle. E potrei continuare, guarda te, se mi sforzo arrivo pure alle minuzie: quell'improvvisata dall'amico giù in provincia e le risate che ci siam fatti, quella mostra vista in primavera e quell'altra questo inverno e le altre viste in mezzo, quelle camminate in montagna a tutte le stagioni pure se son state poche rispetto ad altri anni, quella mattinata in auto poco tempo fa, col cielo limpido l'aria pulita musica sotto e la sensazione che le cose girano, sempre. E se ti pare poco, beh questo è stato.

Dave Brubeck - Take Five

martedì 28 dicembre 2010

Il problema di non averci cazzi

Vi prego, ditemi che è andata così. Doveva uscire un disco nuovo per via di contratti, clausole, menate del genere, ma lui non avendoci più cazzi di fare robe nuove, ché le ultime mica gli son riuscite tanto bene, non aveva niente da dare in stampa. Per cui la casa madre gli fa fare l'ennesima raccolta di suoi brani riarrangiati e questa volta hanno l'ideona di fargli fare dei duetti con nomoni tipo Mina e Mario Biondi e Franco Battiato e pure J-Ax (minchia, pure J-Ax!) e di ingaggiare fior di suonatori del calibro di Mel Collins e Omar Hakim e Matthew Garrison e Rachel Z che chissà da dove gli han mandato le loro tracce.
Ma lui continuava a non averci cazzi perchè cos'è, la terza, la quarta raccolta di brani riarrangiati che esce e mica puoi far uscire l'ennesima raccolta riarrangiata senza metterci qualcosa di inedito, "ché la gente mica è fessa a comprarsi tutte le volte la stessa canzone" avrà detto, e lui il pezzo inedito mica ce l'aveva da dare in stampa e, soprattutto, proprio non ci aveva cazzi! Che non ce li aveva si vede da come gli son venuti, 'sti riarrangiamenti, che sembra che ogni strumento suoni una roba per conto suo senza tenere conto di quello che fanno gli altri, ma cosa vuoi, son gli inconvenienti di quando non ci hai cazzi e li metti in conto. Comunque bisognava risolvere il problema del pezzo inedito, del pezzo originale, pure se di pezzi originali è dall'89 che non ne fa (porcaccia miseria!), che se si vuol vendere almeno tre copie di 'sta cavolo di raccolta il pezzo inedito e originale bisogna metterlo e far uscire il tutto prima di Natale as-so-lu-ta-men-te!
Per cui in fretta e furia ha preso i rimasugli dei brani che i fior di musicisti gli hanno mandato per gli altri pezzi, li ha mischiati a muzzo con On the Road Again (chi cacchio vuoi che si ricordi dei Canned Heat? manco dei Rockets che l'avevano rifatta si ricordano, figurati dei Canned Heat!), ci ha messo su il solito minestrone di italnapolinglese (a 'sto giro senza napoletano e strizzando pure l'occhio: "Io dico quello che voglio": Tsè!) e ha tirato fuori 'sta cacata di pezzo che le radio, essendo stato lui un tempo Pino Daniele (quel Pino Daniele, cazzo!), per forza di cose mandano in onda (vaccaccia boia!).
Ecco come deve essere andata, una semplice banale questione di non averci cazzi di fare una cosa e doverla fare per forza. Vi prego, ditemi che è andata davvero così.

domenica 26 dicembre 2010

Le piccole soddisfazioni della vita

Ok, è passato. Natale intendo, per cui quelli di noi incazzati, amareggiati, disillusi, delusi, tristi, rancorosi, che hanno scritto post incazzati, amareggiati, disillusi, delusi, tristi, rancorosi, possono tirare un sospiro di sollievo e pensare che a questo giro al vecchio panzone rosso e bianco non gliela abbiamo resa facile, anzi, glielo abbiamo proprio messo in quel posto! Quel vecchio trippone con renne trainanti pensava di trovarci come sempre di questi tempi, ipocritamente disposti a bontà a buon mercato, aperti a rasserenarci l'animo come sempre, propensi a spendere se non spandere come sempre, sorridenti e festanti, ingordi e generosi, tombolanti e sbevazzoni, come sempre, da che Natale è Natale. Pensa come deve esserci rimasto male, a trovarci invece incazzati, amareggiati, disillusi, delusi, tristi, rancorosi!

giovedì 23 dicembre 2010

Ciao ciao, gabbia di matti.

A una persona intelligente come Rafa Benitez sono bastati pochi mesi, sei per l'esattezza, per capire che uno come lui in Italia è fuori posto. Si è fatto in maniera di mandare via una persona comunque decisa e attenta alla gestione di sé (alcuni dicono fin troppo), ma pur sempre un tecnico preparato, capace, vincente anche, educato, rispettoso. Qualità, queste ultime, di cui da noi importa veramente troppo poco e non sono usate per definire il giudizio su una persona.
Da noi, e non solo nel calcio, vanno bene i Mourinho, gli arroganti presuntuosi, preparati certo, vincenti anche, ma soprattutto gran comunicatori. Quelli furbi, che hanno i giocatori più forti del mondo e riescono a far passare il messaggio che se si vince è solo merito della propria guida, non della squadra. Che vincono una Champion's League a botte di catenaccio degno degli anni '60, difendendosi nelle gare importanti in nove più il portiere e segnando gran gol in contropiede, facendo credere però di aver fatto giocare il miglior calcio del mondo (il calcio più utile, Mou, non il migliore). Quelli che la partita la giocano principalmente fuori campo, alimentando tensioni prima delle gare più sentite, lagnandosi in anticipo di presunti torti arbitrali, prendendosela con qualcuno, chiunque, non importa chi sia, purchè si riesca a creare un conflitto noi/loro utile ai propri interessi. Quelli egoisti, che vinci tre tornei in un anno, fai l'impresa che più storica non si può e la sera stessa annunci il tuo addio, rovinando la festa a tutti e prendendosi ancora una volta i riflettori su di sé. Quelli che alla fine vengono stranamente rimpianti, mentre bisognerebbe ringraziare la dea Eupalla per esserseli levati dai coglioni e aver riacquistato un po' di tranquillità.
Da noi i Benitez (come i Bearzot, gli Zoff, gli Ancelotti) non vanno bene. Troppe poche parole fuori tono, troppo lavoro svolto professionalmente pur tra mille difficoltà, troppo mantenere un rispetto per i ruoli sempre e comunque, troppa consapevolezza che alla fine si sta parlando solo di calcio e non di massimi sistemi. Era evidente lo stupore del tecnico spagnolo per le polemiche sorte ad appena tre mesi dal suo arrivo senza che si tenessero conto delle difficoltà oggettive in cui stava operando: infortuni, mancati acquisti, una eredità pesante. Sembrava profondamente stupito per la serietà con cui gli si ponevano le domande nelle interviste, come se si stesse parlando dei destini del mondo e non di un gioco, miliardario quanto vuoi ma pur sempre un gioco. Deve aver pensato (realizzato) di essere finito in una gabbia di matti, e non stupisce che se la sia data a gambe levate, non senza prima essersi assicurato una milionaria buonuscita però. In fondo il matto è mica lui.

martedì 21 dicembre 2010

Un saluto al Vecio

Quella dell'82 fu la più bella estate che un appassionato di calcio, specie se quindicenne, potesse desiderare. Sole, caldo, interminabili partite a pallone anticipando e ripetendo quelle vere dell'undici guidato da Bearzot, noi in campetti improvvisati dappertutto, in parrocchia come in strada come nei campi appena fuori il paese, loro in quegli stadi favolosi di Spagna che finimmo per impare a memoria. Era il primo mondiale, anzi Mundial, che i miei amici ed io seguivamo in tutto quello che accadeva, guardano parlando e discutendo, chè in quelli precedenti si era ancora troppo piccoli per gustarsi le partite appieno e in quelli dopo, anche quelli vinti, si diventò troppo grandi perchè il calcio mantenesse il fascino che aveva da ragazzini. Quell'estate per noi il calcio aveva ancora il sapore genuino delle sfide e grazie all'età non ci fregava nulla delle solite (avremmo imparato poi) polemiche italiote sul fatto che il Vecio aveva lasciato a casa Beccalossi e Pruzzo. Più che altro non le capivamo: se l'uomo con la faccia da pugile e la pipa sempre a portata di labbra li aveva lasciati a casa qualche motivo c'era, lui era il C.T., e a noi tanto bastava. Alla fine ebbe ragione lui e ci rese tutti campioni del mondo. Grazie Enzo.

Campioni del Mondo 1982

martedì 14 dicembre 2010

Io se fossi B.

Ecco, io se fossi B. ora andrei a dimettermi.
Ho incassato una fiducia, risicata, comprata forse, che non mi serve a nulla, almeno non a governare. Ho dimostrato che il fronte avversario non è compatto come si pensava, e poco importa se alla base delle defezioni ci sono motivazioni che hanno più della cozza sullo scoglio che di carattere politico. Poco importa se non è una vittoria politica, è una vittoria, portata a casa in una finale, e delle partite ci si ricorda solo del risultato non quanti pali hanno colpito gli avversari. Ho anche messo in tasca un'arma formidabile, poter continuare ad accusare gli altri dei miei fallimenti governativi, i finiani traditori in questo caso, e con quest'arma posso presentarmi nuovamente al voto certo che come minimo partirei alla pari nella competizione. Perchè un altro reincarico no, non lo accetterei, potrei dimettermi solo se il vecchietto mi assicura che si andrebbe a nuove elezioni e di fare la fine di Prodi, vivacchiare in attesa di cadere, non ci penso neanche.
Sì, sarebbe una bella mossa dimettermi. Un tocco calcolato di responsabilità verso il Paese e verso il "popolo sovrano": ridargli la parola affinchè metta nuove croci sul mio nome, ora che ha capito chi vince e chi perde. Altre armi nella faretra, io responsabile e interessato solo ai problemi della nazione, io per la stabilità, gli altri per il caos: elezioni, un nuovo referendum su di me ora che posso permettermelo, che posso nuovamente far credere di averlo vinto. Una nuova partita, da giocare con nuovi-vecchi amici, contro vecchi-nuovi nemici, un'altra sfida da vincere, per altri anni di immunità. Quanti? Bah, poi si vedrà.

mercoledì 8 dicembre 2010

Elsidì saunchì?

Si era lì, la mia bella un amico ed io, alla Pellerina nel 2007 all'ultima edizione veramente decente del Traffic, per assistere, questa la scusa ufficiale, allo spettacolo dei Daft Punk, una roba ipermegatecnologica con questi due franzosi con casco in testa su una piramide tutta lucette, che a vederli da lontano potevano tranquillamente essere due piciu qualunque a far finta di suonare con una base sotto e di sicuro nessuno se ne sarebbe accorto. Dico la scusa ufficiale, ché io in realtà quella sera c'ero andato più che altro per assistere a un altro gruppo, quello meno famoso che si esibiva prima e che tra i loro pezzi ne aveva uno che legava il filo con chi sarebbe venuto dopo, e ci avevo provato a dirlo, che guarda che sono molto meglio gli Lcd Soundsystem, ma la cosa si era arenata sull' Elsidì saunchè? di risposta, ragion per cui avevo smesso, dopo un po', di dire che il pezzo che passava in radio non era proprio rappresentativo di quello che in realtà facevano, un miscuglio stranissimo di elettronica rock pop dance con brani lunghissimi e ripetitivi, che poi era proprio il particolare che me li faceva piacere. E quindi fui l'unico tra la compagnia quella sera a farmi prendere da quegli accordi di piano ripetuti all'infinito, da quel ritmo sempre uguale del basso e della batteria, dalla chitarra disturbata e disturbante, dai suoni di tastiera messi lì ad amalgamare il tutto e dare un senso al crescendo vocale del loro brano migliore, quello che altri, pure chi non ti aspetti, han provato a rifare, ma non è che siano venute esattamente la stessa cosa, o perlomeno a me non pare.
Poi lo so, che James Murphy creatore e leader della band alla fine non ha inventato niente di nuovo, che in fondo ha preso un po' da qua e un po' da là per metter su un suono e uno stile che sembrasse almeno un poco originale, e va a sapere se c'è davvero riuscito ché le opinioni in merito sono varie e discordanti, e so anche che l'ultimo disco non è che sia poi tutta 'sta gran cosa, ma non è che si può sempre azzeccare tutto e comunque un paio di robine non sono proprio da buttare, almeno a livello multimediale, ma alla fine della fiera, tutto questo giro di parole, è solo per dire che a me la notizia che si siano sciolti è una cosa che non può che dispiacere. Ecco, è tutto quello che volevo dire.

LCD Soundsystem - Home

domenica 5 dicembre 2010

Costanti incertezze (o certezze incostanti)

Poco tempo, sono affaccendato in altro, un altro ancora incerto e confuso, tenuto in stand-by in attesa di capirci meglio e prendere una decisione definitiva. Questo spazio a volte risente del mio vissuto incostante, vive e si popola di parole a seconda del mio umore e del mio tempo e invidio a volte altri spazi, costanti, metodici, puntuali nel pubbicare post articoli opinioni, opinioni che però poi, dopo un po' che li frequento, mi appaiono anno dopo anno sempre uguali a se stesse e dunque anche chi pubblica costantemente metodicamente puntualmente mi appare sempre uguale a se stesso. E noto differenze, tra la mia incostanza sempre presente e quella altrui sempre apparentemente assente, che portano a domande a cui rispondo in modo diverso a seconda dell'umore e del mio tempo. Certo è già importante porsele le domande, e penso a volte che il costante metodico puntuale questo non lo permetta, se lo fa è solo per trovare conferma di ciò che si pensa da sempre, e solo i cambiamenti aprono veri spazi di discussione di sè. Io ne ho troppi, altri ne hanno pochi, alla fine è tutto in media, se ci pensi.

24 Grana - La costanza